Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXIX. A quarantaquattro anni

CLXIX. A quarantaquattro anni

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CLXIX. A quarantaquattro anni
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CLXIX.1

A quarantaquattro anni.

Del mio decimo lustro, ecco, già s’erge
L’antipenultim’anno, e a caldo passo
Spinge la ruota2 mia piú sempre al basso,
4 Dove il fral nostro in alto3 oblío s’immerge.
Ma la parte dell’uom, che viva emerge
Dal sepolcrale grave invido sasso,4

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Ridendo aspetta, anzi desía, del lasso
8 Corpo il dormire, il cui dormir lei terge.5
Dolce lusinga, in un sublime e insana,
Che il cor ci nutri e in ampj sogni acqueti,
11 Sei tu verace un Ente, o un’aura vana?6
Certezza averne, or ci faria men lieti.
Me dunque inganna, o del mio oprar Sovrana,
14 Tu che il morir secondo7 altera vieti.


Note

  1. Questo sonetto fu composto il 27 decembre, in Boboli.
  2. 3. La ruota, della mia vita.
  3. 4. Il fral nostro, il nostro corpo; alto, profondo.
  4. 5-6. Ciò che rimane di noi, dopo la morte, in virtú delle opere nostre. Invido, perché tutto vorrebbe rapire.
  5. 8. Il cui dormir lei terge: la morte del corpo purifica l’anima.
  6. 11. Meglio l’illusione, che la certezza di non sopravvivere alla morte del nostro corpo.
  7. 14. Il morir secondo è, per quanto adoperata in altro senso, espressione dantesca (Inf., I, 116 e seg.):
    Vedrai gli antichi spiriti dolenti
    Che la seconda morte ciascun grida.