Rime nuove/Libro IV/Una rama d'alloro

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LXV.

UNA RAMA D’ALLORO1


Io son, Dafne, la tua greca sorella,
Che vergin bionda su ’l Peneo fuggía
E verdeggiai pur ieri arbore snella
4Per l’Appia via.

Tra i cippi e i negri ruderi soletta
Sotto il ciel triste io memore sognava
D’un tumulo ignorato in su la vetta,
8E riguardava.

Guardava i colli ceruli del Lazio,
E a l’aura che da Tivoli traea
Inchinandomi i fulgidi d’Orazio
12Carmi dicea.

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Mi udivano gli uccelli, e saltellanti
Per l’aer freddo su i nudati rami
A le rose ed al maggio e al sole e a i canti
16Facean richiami.

Ahi sempre infesti a me i poeti fûro!
M’invidiò Enotrio a’ sassi antichi e pii,
E tra le mani del poeta duro
20Inaridii.

Avvolta in serto, oh foss’io stata ombrella
A la tua fronte! su la chioma nera
Come esultato avrei, dolce sorella,
24Io verde e altera!

E ne la lingua che tra noi s’intende,
China a l’orecchio puro e delicato,
Gli elleni amori e l’itale leggende
28T’avrei cantato.

L’occhio tuo mesto a le fraterne note
Sorriso avrebbe con ardor gentile,
E rifiorito de le molli gote
32Saría l’aprile.



Note

  1. [p. 680 modifica]Questa ode fu mandata alla march. D. G. per accompagnamento d’un ramoscello d’alloro còlto su la Via Appia. Leggesi anche nel vol. iii degli Scritti in prosa ed in versi di Achille Monti, editi a cura dei figli (Imola, 1885), come cosa di lui, tra le poesie inedite. Quel buono e compianto amico trascrisse di sua mano la ode dall’albo della signora, e la copia trovata senza nome tra i suoi fogli fu la cagione dell’errore.