Rime (Veronica Franco)/Terze rime/XII
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XII
Risposta della signora Veronica Franca
Ella risponde invitando l’innamorato, che non può riamare, a celebrar Venezia; dove, perché egli possa dimenticar lei per altra donna, non tornerá cosí presto.
Oh quanto per voi meglio si faria,
se quel, che ’l cielo ingegno alto vi diede,
riconosceste con piú cortesia,
4si ch’a impiegarlo in quel, che piú si chiede,
veniste, disdegnando il mondo frale,
che quei piú inganna, che gli tien piú fede;
7e, se lodaste pur cosa mortale,
lasciando quel ch‘è sol del senso oggetto,
lodar quel ch’ai giudicio ancor poi vale:
10lodar d’Adria il felice almo ricetto,
che, benché sia terreno, ha forma vera
di cielo in terra a Dio caro e diletto.
13Questa materia del vostro ingegno era,
e non gir poetando vanamente,
obliando la via del ver primiera.
16Senza discorrer poeticamente,
senza usar l’iperbolica figura,
ch’è pur troppo bugiarda apertamente,
19si poteva impiegar la vostra cura
in lodando Vinegia, singolare
meraviglia e stupor de la natura.
22Questa dominatrice alta del mare,
regai vergine pura, inviolata,
nel mondo senza essempio e senza pare,
25questa da voi deveva esser lodata,
vostra patria gentile, in cui nasceste,
e dov’anch’io, la Dio mercé, son nata;
28ma voi le meraviglie raccoglieste
d’altro paese; e de la mia persona,
quel ch’Amor cieco vi dettò, diceste.
31Una invero è, qual dite voi, Verona,
per le qualitá proprie di se stessa,
e non per quel che da voi si ragiona;
34ma tanto piú Vinegia è bella d’essa,
quanto è piú bel del mondo il paradiso,
la cui beltá fu a Vinegia concessa.
37In modo dal mondan tutto diviso
fabricata è Vinegia sopra Tacque,
per sopranaturai celeste aviso:
40in questa il Re del cielo si compiacque
di fondar il sicuro, eterno nido
de la sua fé, ch’altrove oppressa giacque;
43e pose a suo diletto in questo lido
tutto quel bel, tutta quella dolcezza,
che sia di maggior vanto e maggior grido.
46Gioia non darsi altrove al mondo avezza
in tal copia in Vinegia il ciel ripose,
che chi non la conosce, non l’apprezza.
49Questo al vostro giudicio non s’ascose,
che de le cose piú eccellenti ha gusto;
ma. poi la benda agli occhi Amor vi pose,
52dal costui foco il vostro cor combusto,
vi mandò agli occhi de la mente il fumo,
che vi fece veder falso e non giusto.
55Ned io di me tai menzogne presumo.
quai voi spiegaste, ben con tai maniere,
che dal modo del dir diletto assumo;
58ma non perciò conosco per non vere
le trascendenti lodi, che mi date,
sí che mi son con noia di piacere.
61Ma, se pur tal di me concetto fate,
perch’al nido, ov’io nacqui, non si pensa
da voi, e ’n ciò perch’ognor noi lodate?
64Perch’ad altr’opra il pensier si dispensa,
se per voi deve un loco esser lodato,
che dia al mio spirto posa e ricompensa?
67Ricercando del ciel per ogni lato,
se ben discorre in molte parti il sole,
però vien l’oriente piú stimato;
70perché quasi dal fonte Febo suole
quindi spiegar il suo divino raggio,
quando aprir ai mortali il giorno vuole:
73cosi anch’io ’n questo e in ogni altro viaggio,
senza col sol però paragonarmi,
per mio oriente, alma Venezia, t’aggio.
76Questa, se in piacer v’era dilettarmi,
dovevate lodar; e con tal modo
al mio usato soggiorno richiamarmi.
79Lunge da lei, di nullo altro ben godo,
se non ch’io spero che la lontananza
dal mio vi scioglia, o leghi a l’altrui nodo.
82Continuando in cotal mia speranza,
prolungherò piú ch’io potrò’l ritorno:
tal che m’amiate ha lo sdegno possanza!
85Cosi vuol chi nel cor mi fa soggiorno:
amor di tal, che per vostra vendetta
forse non meno il mio riceve a scorno;
88ma, come sia, non ritornerò in fretta.