Rime (Veronica Franco)/Terze rime/II
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II
Risposta della signora Veronica Franca
Kssa lo riama, e vuole ch’egli compia, per amor di lei, opere ed azioni con-
formi alla virtú deU’animo: solo allora gli concederá le gioie apprese
da Venere.
S’esser del vostro amor potessi certa
per quel che mostran le parole e ’1 volto,
che spesso tengon varia alma coperta;
4se quel, che tien la mente in sé raccolto,
mostrasson le vestige esterne in guisa,
ch’altri non fosse spesso in frode còlto,
7quella téma da me fora divisa,
di cui quando perciò m’assicurassi,
semplice e sciocca, ne sarei derisa:
10«a un luogo stesso per molte vie vassi»,
dice il proverbio; né sicuro è punto
rivolger dietro a l’apparenzie i passi.
13Dal battuto camin non sia disgiunto
chiunque cerca gir a buona stanza,
pria che sia da la notte sopragiunto.
16Non è dritto il sentier de la speranza,
che spesse volte, e le piú volte, falle
con falsi detti e con finta sembianza:
19quello de la certezza è destro calle,
che sempre mena a riposato albergo,
e refugio ha dal lato e da le spalle:
22a questo gli occhi del mio pensier ergo,
e da parole e da vezzi delusa,
tutti i lor vani indizi lascio a tergo.
25Questa con voi sia legitima scusa,
con la qual di non creder a parole,
né a vostri gesti, fuori esca d’accusa.
28E, se invero m’amate, assai mi duole
che con effetti non vi discopriate,
come, chi veramente ama, far suole:
31mi duol che da l’un canto voi patiate,
e da l’altro il desio, c’ho d’esser grata
al vostro vero amor, m’interrompiate.
34Poi ch’io non crederò d’esser amata,
né ’l debbo creder, né ricompensarvi
per l’arra, che fin qui m’avete data,
37dagli effetti, signor, fate stimarvi:
con questi in prova venite, s’anch’io
il mio amor con effetti ho da mostrarvi;
40ma, s’avete di favole desio,
mentre nuderete voi favoleggiando,
favoloso sará l’accetto mio:
43e, di favole stanco e sazio, quando
l’amor mi mostrerete con effetto,
non men del mio v’andrò certificando.
46Aperto il cor vi mostrerò nel petto,
allor che ’l vostro non mi celerete,
e sará di piacervi il mio diletto;
49e, s’a Febo si grata mi tenete
per lo compor, ne l’opere amorose
grata a Venere piú mi troverete.
52Certe proprietati in me nascose
vi scovrirò d’infinita dolcezza,
che prosa o verso altrui mai non espose,
55con questo, che mi diate la certezza
del vostro amor con altro che con lodi,
ch’esser da tai delusa io sono avezza:
58piú mi giovi con fatti, e men mi lodi,
e, dov’è in ciò la vostra cortesia
soverchia, si comparta in altri modi.
61Vi par che buono il mio discorso sia,
o ch’io in’inganni pur per aventura,
non bene esperta de la dritta via?
64Signor, l’esser beffato è cosa dura,
massime ne l’amor; e chi noi crede
ei stesso la ragion metta in figura.
67Io son per caminar col vostro piede,
ed amerovvi indubitatamente,
si com’al vostro merito richiede.
70Se foco avrete in sen d’anior cocente,
io ’l sentirò, perch’accostata a voi
d’ardermi il cor egli sará possente:
73non si ponno schivar i colpi suoi,
e chi si sente amato da dovero
convien l’amante suo ridamar poi;
76ma ’l dimostrar il bianco per lo nero
è un certo non so che, che spiace a tutti,
a quei, ch’anco han giudicio non intiero.
79Dunque da voi mi sian mostrati i frutti
del portatomi amor, ché de le fronde
dal piacer sono i vani uomini indutti.
82Ben per quanto or da me vi si risponde,
avara non vorrei che mi stimaste,
ché tal vizio nel sen non mi s’asconde;
85ma piaceriami che di me pensaste
che ne Tamar le mie voglie cortesi
si studian d’esser caute, se non caste:
88né cosí tosto d’alcun uom compresi
che fosse valoroso e che m’amasse,
che ’l cambio con usura ancor gli resi.
91Ma chi per questo poi s’argomentasse
di volermi ingannar, beffa se stesso;
e tale il potria dir, chi ’l domandasse.
94E però quel, che da voi cerco adesso,
non è che con argento over con oro
il vostro amor voi mi facciate espresso;
97perché si disconvien troppo al decoro
di chi non sia piú che venal, far patto
con uom gentil per trarne anco un tesoro.
100Di mia profession non è tal atto;
ma ben fuor di parole, io ’l dico chiaro,
voglio veder il vostro atnor in fatto.
103Voi ben sapete quel che m’è piú caro:
seguite in ciò com’io v’ho detto ancora,
ché mi sarete amante unico e raro.
106De le virtuti il mio cor s’innamora,
-e voi, che possedete di lor tanto,
ch’ogni piú bel saver con voi dimora,
109non mi negate l’opra vostra in tanto,
che con tal mezzo vi vegga bramoso
d’acquistar meco d’amador il vanto:
112siate in ciò diligente e studioso,
e per gradirmi ne la mia richiesta
non sia’l gentil vostro ozio unqua ozioso.
115A voi poca fatica sará questa,
perch’al vostro valor ciascuna impresa,
per diffidi che sia, facil vi resta.
118E, se si picciol carico vi pesa,
pensate ch’alto vola il ferro e ’l sasso,
che sia sospinto da la fiamma accesa:
121quel che la sua natura inchina al basso,
piú che con altro, col furor del foco
rivolge in su dal centro al cerchio il passo;
124onde non ha ’l mio amor dentro a voi loco,
poi ch’ei non ha virtú di farvi fare
quel ch’anco senz’amor vi saria poco.
127E poi da me volete farvi amare?
quasi credendo che, cosí d’un salto,
di voi mi debba a un tratto innamorare?
130Per questo non mi glorio e non m’essalto;
ma, per contarvi il ver, volar senz’ale
vorreste, e in un momento andar troppo alto:
133a la possa il desir abbiate eguale,
benché potreste agevolmente alzarvi
dov’altri con fatica ancor non sale.
136Io bramo aver cagion vera d amarvi,
e questa ne l’arbitrio vostro è posta,
sí che in ciò non potete lamentarvi.
139Dal merto la mercé non fia discosta,
se mi darete quel che, benché vaglia
al mio giudicio assai, nulla a voi costa:
142questo fará che voli e non pur saglia
il vostro premio meco a quell’altezza,
che la speranza col desire agguaglia.
145E, qual ella si sia, la mia bellezza,
quella che di lodar non sète stanco,
spenderò poscia in vostra contentezza:
148dolcemente congiunta al vostro fianco,
le delizie d’amor farò gustarvi,
quand’egli è ben appreso al lato manco,
151e’n ciò potrei tal diletto recarvi,
che chiamar vi potreste pur contento,
e d’avantaggio appresso innamorarvi.
154Cosi dolce e gustevole divento,
quando mi trovo con persona in letto,
da cui amata e gradita mi sento,
157che quel mio piacer vince ogni diletto,
sí che quel, che strettissimo parea,
nodo de l’altrui amor divien piú stretto.
160Febo, che serve a l’amorosa dea,
e in dolce guiderdon da lei ottiene
quel che via piú, che Tesser dio, il bea,
163a rivelar nel mio pensier ne viene
quei modi, che con lui Venere adopra,
mentre in soavi abbracciamenti il tiene;
166ond’io instrutta a questi so dar opra
si ben nel letto, che d’Apollo a l’arte
questa ne va d’assai spazio di sopra,
169e ’l mio cantar e ’l mio scriver in carte
s’oblia da chi mi prova in quella guisa,
ch’a’ suoi seguaci Venere comparte.
G. Stampa e V. Franco, Rime. 16
172S’avete del mio amor l’alma conquisa,
procurate d’avermi in dolce modo,
via piú che la mia penna non divisa.
175Il valor vostro è quel tenace nodo
che me vi può tirar nel grembo, unita
via piú ch’affisso in fermo legno chiodo:
178farvi signor vi può de la mia vita,
che tanto amar mostrate, la virtute,
che ’n voi per gran miracolo s’addita.
181Fate che sian da me di lei vedute
quell’opre ch’io desio, ché poi saranno
le mie dolcezze a pien da voi godute:
184e le vostre da me si goderanno
per quello ch’un amor mutuo comporte,
dove i diletti senza noia s’hanno.
187Aver cagion d’amarvi io bramo forte:
prendete quel partito che vi piace,
poi che in vostro voler tutta è la sorte.
190Altro non voglio dir: restate in pace.