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Rime varie

CCXCIX

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CCXCIX

In morte d’una monaca.

     Alma celeste e pura,
che, casta e verginella
stata tanto fra noi, sei gita al cielo,
dov’or sovra misura
ti stai lucente e bella,
di piú perfetto accesa e maggior zelo,
perché nel mortal velo
rade volte altrui lice
unir perfettamente
al suo Fattor la mente,
sí trista è del nostro arbor la radice,
e sí forte n’atterra
questa del senso perigliosa guerra;
     tu vagheggi or beata
quell’infinito Sole,
di cui quest’altro sole è picciol raggio;
e la voglia appagata
hai sí, ch’altro non vuole,
giunta a l’ultimo fin di suo viaggio;
e la noia e l’oltraggio
e l’ombra di quel male,
che sostenesti in vita,
è per sempre sbandita,
salita in parte, ove dolor non sale,
ove si vive sempre
col primo Amor in dilettose tempre.
     Ben può gradirsi altero
il nostro sesso omai
per tanta donna e tanto a Cristo amica,
che, mancato il primiero
valor, spenti que’ rai,
ch’illustrâr giá la santa schiera antica,

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in questa etá nemica,
dove ’l vizio governa,
sia stata una di noi,
che tutti i pensier suoi
abbia rivolto a quella luce eterna,
e qui fra queste rive
sia vissa sempre come in ciel si vive.
     Adria si lagna parte
del tuo da lei partire,
parte s’allegra, poi ch’al ciel sei gita;
ché, s’udirte e parlarte
le ha tolto il tuo morire,
or che sei sempre al sommo Ben unita,
potrai chiedergli aita,
quando il bisogno fia;
certo soccorso e fido
per lo tuo chiaro nido,
sí che sicuro e glorioso sia,
e fin quanto il sol giri
ciascun lo tema, riverisca e ammiri.
     Da que’ superni chiostri,
ov’or sicura siedi,
tutta raccolta in chi di sé ti prese,
gli ardenti sospir nostri
a temprar talor riedi
con le voglie d’amor piú vive e accese.
Mira, madre cortese,
i tuoi diletti figli
e la lor mesta casa,
or senza te rimasa
a le terrene noie ed a’ perigli;
e siale, ancor lontana,
scorta e piú che mai fida tramontana.
     Se ’n te, quant’è disio, fosse valore,
potresti leggiermente
alzarti al ciel fra quella santa gente.