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CCXCIX
In morte d’una monaca.
Alma celeste e pura,
che, casta e verginella
stata tanto fra noi, sei gita al cielo,
dov’or sovra misura
ti stai lucente e bella,
di piú perfetto accesa e maggior zelo,
perché nel mortal velo
rade volte altrui lice
unir perfettamente
al suo Fattor la mente,
sí trista è del nostro arbor la radice,
e sí forte n’atterra
questa del senso perigliosa guerra;
tu vagheggi or beata
quell’infinito Sole,
di cui quest’altro sole è picciol raggio;
e la voglia appagata
hai sí, ch’altro non vuole,
giunta a l’ultimo fin di suo viaggio;
e la noia e l’oltraggio
e l’ombra di quel male,
che sostenesti in vita,
è per sempre sbandita,
salita in parte, ove dolor non sale,
ove si vive sempre
col primo Amor in dilettose tempre.
Ben può gradirsi altero
il nostro sesso omai
per tanta donna e tanto a Cristo amica,
che, mancato il primiero
valor, spenti que’ rai,
ch’illustrâr giá la santa schiera antica,