Rime (Stampa)/Rime d'amore/XII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
Gaspara Stampa - Rime (XVI secolo)
◄ | Rime d'amore - XI | Rime d'amore - XIII | ► |
XII
Si duole d’aver tardi appreso ad amarlo.
Deh, perché cosí tardo gli occhi apersi
nel divin, non umano amato volto,
ond’io scorgo, mirando, impresso e scolto
un mar d’alti miracoli e diversi?
Non avrei, lassa, gli occhi indarno aspersi
d’inutil pianto in questo viver stolto,
né l’alma avria, com’ha, poco né molto
di Fortuna o d’Amore onde dolersi.
E sarei forse di sí chiaro grido,
che, mercé de lo stil, ch’indi m’è dato,
risoneria fors’Adria oggi, e ’l suo lido.
Ond’io sol piango il mio tempo passato,
mirando altrove; e forse anche mi fido
di far in parte il foco mio lodato.