Rime (Rinuccini)/Io sento sì mancare omai la vita

Io sento sì mancare omai la vita

../Nè per colpi sentir di ria fortuna ../Se quel pietoso, vago e dolce sguardo IncludiIntestazione 22 agosto 2012 100% letteratura

Cino Rinuccini - Rime (XIV secolo)
Io sento sì mancare omai la vita
Nè per colpi sentir di ria fortuna Se quel pietoso, vago e dolce sguardo


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Io sento sì mancare omai la vita
     Per la gran crudeltà, ch’io non so, Amore,
     3S’io potrò prolungar tanto la vita,
     Che me sfoghi parlando in cotal vita,
     Qualor mi fa provar chi ha ’l cor di marmo.
     6Nè fe ch’a lei portassi in la mia vita
     Niente valmi, ond’io ho in odio la vita;
     Poich’è venuta sì selvaggia e fera
     9Che già mai in selva tal fu vista fera
     Quale è costei, per cui non posso in vita;
     Onde umil priego te, o dolce morte,
     12Che tu mi facci far solo una morte.
Che molto è me’ finire in una morte,
     Che morir mille volte alla sua vita.
     15Adunque, fin de’ mali ottima morte,
     Finisci queste membra, che ho già morte,
     Chè ferir non le possa più Amore,
     18Che mi fa peggio che non fai tu, morte.
     E però ’ miei sospiri e pianti, o morte,
     Annulla tutti, e sotto un picciol marmo
     21Chiudi le stanche membra, ed in tal marmo
     Teco sempre le posa, o fida morte,
     Sì ch’io non veggia questa bella fera,
     24Che per mia pena nacque tanto fera.
O paese d’Ircania, cotal fera
     Già non vedesti mai che porta morte

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     27Come costei; benchè tigre sia fera
     Crudele assai più che null’altra fera,
     Chè almen nel dolce tempo della vita
     30Ei dipon giù la crudeltà di fera,
     Accompagnando se con simil fera;
     E va gioiendo in naturale Amore,
     33Rendendo le sue forze tutte a Amore.
     Ma questa sta crudel più ch’altra fera,
     Ed in cambio di cor sì veste un marmo,
     36Che fa venire altrui tutto di marmo.
Or bench’i’ abbia il cor già duro marmo,
     Pur v’è rimaso un spirto, ch’esta fera
     39Per mia più pena non ha fatto marmo,
     Che sente i colpi di lei, freddo marmo,
     Che mi vanno sfidando sempre a morte.
     42Or pur foss’ei ch’io divenissi marmo,
     E non sentissi se non come un marmo
     Il travagliar di questa acerba vita,
     45Dove morte sarebbe me’ che vita.
     Tanta è la gran durezza d’esto marmo
     Che mai mio pianto l’addolcisce, Amore,
     48E tuoi dorati strali spunta, Amore.
Di te trionfa questa cruda, Amore,
     Che suogli umilïar ciascuna fera,
     51Perchè in niun tempo la riscaldi, Amore.
     Dov’è dunque la tua possanza, Amore,
     Con che mi fa questa Medusa marmo?
     54Perduta l’hai, poichè al tuo servo, Amore,
     Non val la fe ch’a lui imponesti, Amore,
     Che osservassi a chi di morte in morte
     57Lo va lungando nell’ultima morte.

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     Ma subito la chieggio a te, Amore,
     Per non morir mille volte in la vita,
     60Dove stendando, e me odio, e la vita.
Canzon, e’ non fu mai sì aspra vita,
     Quanto è la mia, onde umil priega morte
     63Che mi tragga di branche a questa fera,
     Ch’è più dura e più fredda che marmo,
     Ed àssi sotto i piè sommesso Amore.