Rime (Andreini)/Epitalamio II

Epitalamio II

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Sonetto LXXXIII Sonetto LXXXIV

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Epitalamio II.


D’
Amor l’aria sfavilla,

E del placido Mare
     Sovra l’onda tranquilla
     Cinto d’alga Nettuno il volto scopre.
     Par che la terra ogni suo studio adopre
     Per mostrarsi di fior, di frutti adorna.

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     Tra pompe illustri, e rare
     Gioir l’Insubria appare;
     E ’l Sol quando s’aggiorna
     Sorger tutto ridente
     Da la dorata porta d’Oriente.
Il superbo Pavone
     Spiega l’occhiute piume
     Pomposo, e di Giunone
     Il bel carro ingemmato in terra adduce,
     Al lampeggiar de la cui vaga luce
     Abbandonano i limpidi cristalli
     Le Ninfe. oltre ’l costume
     Nettar se n’ corre il Fiume.
     Risuonano le Valli
     Di voci alte, e gioconde
     Grazie spirando i Boschi, e gli Antri, e l’onde.
Scesa dal terzo Cielo
     Ecco Venere pia
     Con amoroso zelo
     Abbracciando Giunone in dolci baci
     Cangia l’antiche guerre, e ’n liete paci.
     Ridono i Cieli, e quì par che rimbombe
     Angelica armonìa.
     Ogni oltraggio s’oblìa;
     E baciar le Colombe
     Vedi i Pavoni in segno,
     Che spent’infrà lor sia l’ira, e lo sdegno.
Venere hà seco Amore,
     Amor, che i cori alletta,
     Che del più puro ardore,
     C’habbian le Stelle hà in man sacrata Face;
     Ed ecco il freddo core avampa, e sface

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     Di Margherita; e di ben mille offese
     Com’huom, che tempo aspetta
     Fà leggiadra vendetta.
     Ella, che pur contese
     Dianzi à suoi strali il varco
     Hor benedice le fiammelle, e l’arco.
Himeneo vieni à noi,
     E ’n questo dì beàto
     Lega gli eccelsi Heroi
     D’indissolubil nodo. il Ciel s’imbruna,
     Splende notturno Sol la bianca Luna.
     Vieni Himeneo, deh vieni, homai respire
     Entro ’l bel seno amato
     Lo sposo innamorato,
     Che di dolce desire
     Arde di cor la rosa,
     C’hà nel candido sen la bella Sposa.
Tù Dio, tù pungi, e scalda
     La Giovenetta schiva,
     Ch’è quasi pura falda
     Di neve dal timor, che la circonda.
     Col velo tuo la chioma crespa, e bionda
     Coprile; ond’egli homai lieto s’appaghe
     Giunta sua speme à riva.
     De le tue fiamme avviva
     Lei, che profonde piaghe
     Fè nel cupido Amante,
     Nè tenga l’alma più dubbia, e tremante.
Gioite pur gioite.
     Ecco danzando scende
     Da le sponde gradite
     D’Helicona Himeneo di persa cinto

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     Di fresche rose il bel viso dipinto.
     Sgombra santo Himeneo la fredda tema,
     Ch’al tuo gioir contende.
     Dolce battaglia attende
     Lo Sposo. hor seco prema
     La Verginella il letto
     A gli assalti d’Amor per campo eletto.
L’Adda di piacer ebro
     Con fretoloso piede
     Corre à ’ncontrar il Tebro,
     E con lui s’accompagna, indi l’invita
     A portar di Michel, di Margherita
     Il nome à tutte regiòn del Mondo.
     Amor, che questo vede
     Gioia maggior non chiede.
     Stannosi à Lete in fondo
     Gli affanni, e gli Amoretti
     Spargon quanti dal Cielo hebber diletti.
S’hoggi l’almo, e divino
     Furor mi scopre il vero,
     Da l’alvo pellegrino
     Verrà d’Heroi sì generosa prole,
     Ch’altra simil giamai non vide il Sole;
     Per cui rinoverassi in ogni parte
     Il bel viver primiero.
     Del nobil sangue altero
     Saran le glorie sparte;
     Sì ch’ogni estremo lido
     De i Peretti udirà la fama, e ’l grido.
Sposi degni; ed illustri
     Vincer voi non potranno
     Del Tempo gli anni, e i lustri,

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     Che ’ncontra Morte andrete almi Guerrieri
     Armati ogn’hor de’ vostri figli alteri.
     Quai Mitre, quai Corone, e quali honori
     Sì degni figli havranno?
     Immortali saranno
     Nei figli i Genitori,
     E rinascer la Madre
     Vedrà nel figlio il fortunato Padre.
Havrai di generoso
     Ardir Canzone il vanto,
     Bench’eguale al desio non s’erga il canto.