Ricordanze della mia vita/Parte terza/V. Riflessioni

V. Riflessioni

../IV. Gli ergastolani ../VI. La traduzione di Luciano IncludiIntestazione 10 settembre 2021 100% Da definire

Parte terza - IV. Gli ergastolani Parte terza - VI. La traduzione di Luciano

[p. 327 modifica]

V

Riflessioni.

Quando entrai nell’ergastolo gli uomini che qui sono mi facevano orrore, dopo alquanti giorni mi fecero pietá. Sono scellerati, sí: ma perché sono scellerati? ma essi soli sono scellerati? O voi che fate le leggi e che giudicate gli uomini, rispondetemi e dite: «Prima che costoro fossero caduti nel delitto, che avete fatto voi per essi? avete voi educata la loro fanciullezza, e consigliata la loro gioventú? avete sollevata la loro miseria? li avete educati col lavoro? avete voi insegnato ad essi i doveri del loro stato? avete loro spiegato le leggi? Voi che vi chiamate lucerne del mondo, avete voi illuminati questi che camminavan nelle tenebre dell’ignoranza? E se non avete fatto questo, che era vostro dovere, e non avete voi colpa a’ delitti loro? or chi vi dá il diritto di punirli? E voi che li punite secondo la vostra legge e la vostra giustizia, voi sarete giudicati secondo un’altra legge e un’altra giustizia, innanzi alla quale voi siete piú scellerati di costoro, perché non avete rubato un uomo, ma avete spogliate e desolate le nazioni; perché non avete ucciso un altro uomo, ma molte migliaia, e ne fate piangere altre migliaia infinite; perché non operate per ignoranza, ma per malvagitá fina e pensata; perché non arrossite de’ vostri delitti, ma ne menate vanto e li chiamate col nome di virtú.

«Ma dopo che questi sciagurati hanno commesso il delitto, voi che avete fatto per correggerli? Ogni pena che non ha per iscopo la correzione del colpevole ed una riparazione alla societá da lui offesa, non è pena, ma cieca e spietata vendetta che offende Dio e l’umanitá. Voi invece di correggere gli uomini o li distruggete con la mannaia, o li gettate nei carceri e nelle galere ad imputridire nei vizi ed a lordarsi di [p. 328 modifica] altri e maggiori delitti: e riparate al danno della societá offesa facendo pagare al colpevole le spese del giudizio ed una multa, cioè dispogliate gl’innocenti figliuoli e li costringete voi stessi a commettere le stesse colpe che avete punite nel padre. Non dite che alcuni uomini non possono correggersi: ma voi li avete prima educati? avete fatto nulla per impedire i delitti? e dopo i delitti avete tentato alcun mezzo per correggerli? Pane e lavoro sono gli elementi di ogni educazione, i mezzi per domare ogni durezza, per mansuefare ogni fierezza. Scacciati i grandi scellerati dalla societá che essi hanno offesa, adoperati tutti i mezzi per correggerli, e se non vi riuscirete, fate almeno che le sieno utili col lavoro delle loro mani, non di peso e di scandalo. Occupateli nel lavoro, e li correggerete sicuramente, li renderete morali, perché il lavoro cangia gli uomini; come appiana i monti, ricolma il mare e fa mutar faccia alla terra. La pena sia dura, sia lunga, ma senza sdegno, come cosa fatale e necessaria, ma abbia un fine ed una speranza. Dopo lunga espiazione, dopo che la sventura li avrá domati, dopo che una voce saggia e cristiana li avrá ammaestrati amorosamente, avrá loro fatto conoscere l’orrore del delitto commesso, e fatto sentire il rimorso; dopo che saranno santificati dal lavoro; dopo venti, venticinque, trent’anni (e trent’anni sono una vita!) oh, allora lasciate a’ pentiti un misero avanzo de’ giorni, lasciate che ritornino alle loro famiglie, che muoiano nella loro terra, che una mano cara lor chiuda gli occhi, ed il becchino non rompa loro il cranio con la zappa prima di seppellirli. Voi togliete all’uomo quel celeste conforto che Dio gli ha dato quasi per compensarlo di tanti mali, di tanti dolori e di tante amaritudini onde è sparsa la vita, voi gli togliete la speranza consolatrice: uccidetelo piuttosto, ma non gli lasciate la vita senza speranza, senza il frutto del pentimento; perché lo irriterete di piú, lo renderete piú feroce di belva e piú malvagio. La pena dell’ergastolo non è né giusta, né utile né cristiana. Sta scritto che Iddio vuole la penitenza non la distruzione del peccatore: adunque il vangelo è falso, o questa pena è empia, e chi la [p. 329 modifica] dá è stolto ed empio. Nei registri dell’ergastolo si trova scritto che in venti anni sono morti uccisi mille uomini, e che dal principio del 1848 sino a questo anno 1851 ne sono stati uccisi diciannove. Qual è la cagione di questo fatto innegabile? Questi uomini che sono creduti incorreggibili, udirono anch’essi la parola d’amore e di fratellanza che chiamava i popoli a novella vita, sentirono anch’essi la forza divina del vero che penetra tutti i cuori, sentirono anch’essi di avere una patria, si offersero tutti di andare a morire per lei, e facendo industriosi risparmi sul loro pane di dolore e di lagrime raccolsero sessantotto ducati e diciassette grani e mezzo e l’offersero alla santa causa della guerra italiana (vedi Giornale del Regno del 6 maggio 1848). Disparvero gli odi fra loro, si vergognarono dello stolto amore di provincia, deposero i coltelli, maledissero i passati delitti, si abbracciarono con lagrime, e sperarono di poter meritare un termine alla loro pena. Una speranza fu la vera cagione di questo fatto: questa speranza va ogni giorno diminuendo, eppure l’effetto di quella voce e di quella veritá ancor dura nei loro cuori, e da tre anni ha diminuito grandemente il numero de’ delitti. Or vedete con quali mezzi si correggono gli uomini».

Queste veritá semplici e chiare a tutti, se non sono riconosciute da quei superbi dottori che per acquistare un senso raro hanno guasto o perduto il senso comune, sono però sentite da questi miseri che pur hanno una mente per pensare e meditare su la loro sorte. La natura stessa lor consiglia e comanda il lavoro: onde alcuni, quantunque senza istrumento d’arte, con qualche ferruzzo fanno di bellissimi lavori in legno, in osso, in carta; altri imparano leggere, scrivere, suonar qualche istrumento; la piú parte filano canape: ma la fatica è lunga e dura, il guadagno è poco; onde molti se ne svogliano, ed aman meglio di prestare ad usura, di giocare, di ubriacarsi per dimenticare i dolori che soffrono. Si sentono lacerati dai rimorsi, avviliti dalla miseria, abborriti dagli uomini, oppressi da una pena cieca e senza speranza, certi che il pentimento non gioverebbe, che il tornar buoni non li tornerebbe [p. 330 modifica] felici, che gli sforzi per acquistare virtú non sarebbero creduti; onde abborriscono gli altri a sé stessi, bramano la morte, la dánno o la ricevono per nulla. E chi li ha ridotti a questo stato? O Dio di misericordia, non imputare a delitto a questi miseri le fiere parole, con le quali bestemmiando ti domandano perché togliesti loro l’intelletto, perché non gl’illuminasti prima che commettessero il delitto! Deh, perdona alla loro ignoranza, e piuttosto riguarda a chi veramente tolse a questi sciagurati l’intelletto, a chi doveva educarli e non volle educarli; a chi doveva istruirli e non volle istruirli, a chi dovrebbe correggerli, e vuole distruggerli, a chi dá la vita di pochi anni al corpo e la perdizione all’anima: riguarda nella tua giustizia a chi veramente ha condotti tanti miseri a questo stato.

Spesso questa misera gente mi viene intorno, e mi dice: «Voi non avete delitti, e non sarete qui né sempre né molto tempo. Quando riavrete la dolce libertá e tornerete alla vostra famiglia, ricordatevi di noi infelici, abbiate pietá di noi. Voi che ora ci conoscete, sapete che non siamo tutti scellerati, non tutti siamo quei mostri che il mondo ci crede, ma siamo uomini che errammo ed ora piangiamo». Ahi miseri, io son uno che ora soffro e piango con voi, e soffrirò con voi chi sa quanto altro tempo! Io non vi odio, perché ho sempre amato gli uomini, ed ho avuto pietá della povera ed inferma natura umana: io non vi disprezzo, perché siete creature di Dio. Né giudicherò di nessuno; tutti siete sventurati; e chi non è buono potrebbe divenir buono. Non posso altro che pregare Iddio, affinché scenda nel cuore di quelli che reggono le cose del nostro paese, e loro ispiri giusti e cristiani consigli. Se io potessi alzar la voce, ed essere ascoltato, io direi: «Abolite la pena dell’ergastolo, la quale è ingiusta perché è perpetua: rendete utili a sé stessi ed allo stato tutti i condannati a ferri, facendo che tutti lavorino e dal lavoro abbiano un guadagno; promettendo a chi meglio lavora ed è pentito e corretto una diminuzione di pena». Io non so quanti condannati vivono inutili in quattordici bagni che sono [p. 331 modifica] nel solo reame di Napoli1 né quanto danaro si spenda per essi: so che per l’ergastolo di Santo Stefano si spendono oltre cento piastre al giorno; cioè si tolgono dalla nazione piú che trentaseimila ducati l’anno per pascere uomini inutili anzi di peso allo stato. Or con tanti uomini condannati, e con tanto danaro che si spende per essi, quanti lavori si potrebbero fare, quante opere necessarie, e poi quanto risparmio allo stato, anzi quanto guadagno, quanta diminuzione di delitti, quanto accrescimento della pubblica morale, quanti beni diversi!

Per cominciare, condurre e perfezionare l’opera di redimere i colpevoli, oltre la mano di un governo giusto, sarebbe ancor necessaria la pietá operosa de’ preti e de’ frati. Gesú visse e predicò tra pubblicani e meretrici, ed i suoi discepoli avranno vergogna o timore di venire tra i condannati e spargervi la parola di veritá e di consolazione? Vi sono molti ordini religiosi che hanno diversi scopi; ed a nessun pio è venuto mai il pensiero di fondare un ordine che esercitasse specialmente il dovere, che per altro hanno tutti i cristiani, di consolare, illuminare, correggere, soccorrere i caduti nella colpa? Il governo paga due preti che sono in ogni bagno, ma queste opere non si pagano: ma la messa, le litanie, ed i rosari non persuadono chi non crede in Dio; ma la religione vera e salutare non sta nelle cerimonie. Io vorrei che buoni e molti sacerdoti, senza alcun soldo, entrassero nei bagni, come i coraggiosi gladiatori entravan nell’arena a combattere le belve; ed avessero quella dolce ed amorosa parola che ammollisce i cuori e li persuade; che fossero esempi di quella mansuetudine e bontá che sgomenta il vizio e lo vince; che fossero accesi da quello spirito di fede e di caritá, che se muove i monti, come Cristo ha detto, muove anche il cuore dell’empio. Io vorrei che questi sacerdoti insegnassero [p. 332 modifica] senza forzare nessuno, senza sdegno, senza presunzione; senza apparato, popolarmente: ed avessero ancora il potere di difendere questi sventurati, e di proporre una diminuzione di pena per chi è ravveduto e corretto.

Ma dove io vado errando con la mente? Dov’è il buon volere del governo? dov’è la fede e l’amore? dove troverò questi uomini? E perché io sono qui? Ahi, tutti i nostri mali derivano da una fonte sola. A questo pensiero mi cade di mano la penna, e mi manca il coraggio di seguitare a scrivere queste carte, nelle quali nascostamente e temendo che non mi sieno tolte io ho dipinta una minima parte dei dolori che sono chiusi nell’ergastolo, dove sono da tre mesi, e dove non so per quanto altro tempo dovrò miseramente condurre questa mia travagliatissima vita.


Note

  1. Sono bagni per condannati a ferri duri in Brindisi, Pescara, Gaeta, Capua, Castellammare, Pozzuoli, Nisida, Procida, Ischia, Santo Stefano, e quattro in Napoli cioè nel Granatello, nei Granili, nel castel del Carmine, nell’arsenale.