Ressurga da la Tomba avara, et lorda
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
La putrida toa salma, o Donna cruda,
Or che di spirto nuda,
E cieca, e muta, e sorda,
5Ai vermi dai pastura;
E da la prima altura
Da fiera morte scossa
Fai tuo lecto una fossa.
Nocte, continua nocte,
10Te devora, et inghiocte,
E la puzza te smembra
Le sì pastose membra,
E te stai sicta sicta per despecto,
Come animal immondo al laccio strecto.
15Vedrai se ognun de te metrà paura,
Et fuggirà come Garzon la sera
Da l’ombra lunga, et nera,
Che striscia per le mura:
Vedrai se a la tua vose
20Cedran l’alme piatose,
Vedrai se al tuo invitare
Alcun vorrà cascare;
Vedrai se seguiranti
Le turbe de gli Amanti,
25E se il dì porterai
Per dove passerai,
O pur se spargerai tenebre, e lezzo,
Tal che a te stessa verrai in disprezzo.
E tornerai dentro all’immonde bolge,
30Per minor pena della toa baldanza.
La toa disonoranza
Allora in te si volge.
E grida, o sciaurata,
Che fosti sì sfrenata:
35Quest’è il premio che torna
A chi tanto s’adorna,
A chi nutre soe carne
Senza qua giù guardarne
Dove tutto se volve
40In cener, et in polve,
E dove non è requie, o penitenza,
Fino a quel dì dell’ultima sentenza.
Dov’è quel bianco seno d’alabastro,
Ch’onduleggiava come al margin flucto?
45Ahi, che per too disastro
In fango s’è reducto.
Dove gli occhi lucenti,
Due stelle risplendenti?
Ahi, che son due caverne
50Dove orror sol si scerne.
Dove ’l labro sì bello
Che parea di pennello?
Dov’è la guanza tonda?
Dove la chioma bionda?
55E dove simetria di portamento?
Tutto è smarrito, como nebbia al vento.
Non tel diss’io tante fiate, et tante:
‘ Tempo verrà che non sarai più bella
E non parrai più quella,
60E non avrai più amante ’ ?
Or ecco vedi ’l fructo
D’ogni tuo antico fasto.
Cos’è che non sia guasto
Di quel tuo corpo molle?
65Cos’è dove non bolle
E verme, e putridume,
E puzza, e succidume?
Dimmi cos’è, cos’è, che possa piue
Far a’ tuoi Proci le figure sue?
70Dovevi altra mercè chieder che amore,
Chieder dovevi al Cielo pentimento.
Amor cos’è? un tormento;
Amor cos’è? un dolore;
E tu gonfia, e superba,
75Ch’eri sol fiore, et erba,
Che languon nati appena,
E tu credevi piena
De balsamo immortale.
Credevi d’aver l’ale
80Da volar su le nubi,
E non eri che Anubi
Adorato in Egypto oggi, e dimane
In la sembianza di Molosse cane.
Poco giovò ch’io ti dicessi: ‘ Vanne,
85Vanne pentita a piè del confessoro.
Digli: “ Frate, io moro
Nelle rabbiose sanne
Dell’infernal Dracone,
Se tua pietà non pone
90Argine al mio fallire.
Io vorrei bene uscire,
Ma sì mi tiene el laccio
Che, per tirar ch’io faccio,
Romper nol posso punto,
95Sicchè oramai consunto
Ho lo spirito, e l’alma, e tu poi solo
Togliermi per pietà fuora de duolo.” ’
Allor sì, che ’l morir non saria amaro,
Che morte a’ giusti è sonno, e non è morte.
100Vedestu mai, per sorte,
Putir chi dorme? raro,
Raro chi non s’allevi
Da i sonni anche non brevi.
Tu saresti ora in alto
105Vado, ma puoi non sciò dove me sia,
Tal che me fermo dricto in su d’un canto.
Allora Amore, che me sta guatando,
Me mostra per desprezzo, e me obstenta,
E me va canzonando en alto metro,
110Nè ’l dice tanto pian ch’eo non lo senta:
Et eo respondo così borbottando:
‘ Mostrame almen la via che torna endietro.