Reso/Primo stasimo
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coro
Strofe I
Dal labbro mio l’invidia
lungi tenga Adrastèa, di Giove figlia:
ciò che gradito all’anima
mia riesce, dirò.
Tu giungi, giungi, o gèrmine
del Fiume, vieni a questa reggia Frigia,
poi che infin la Pïèride,
che t’è madre, e lo Strímone,
fiume dai ponti belli, t’inviò,
Antistrofe I
che un dí, della melodica
Musa nel grembo immacolato, i vortici
spingendo, alla tua giovine
vita il rigoglio die’.
Al par di Giove fulgido
tu giungi a me sovra i puledri rapidi.
Esultare nei cantici,
adesso, o patria Frigia,
Giove liberator, concesso m’è.
Strofe II
Dunque, di nuovo la vetusta Troia
adunerà da mane a sera i tíasi
d’innamorati intorno ai colmi calici,
tra le canzoni, e il volgere
ebbro di gare che da destra muovano,
poi che, ben lungi d’Ilio,
gli Atrídi a Sparta moveran sul pelago.
Con la tua man tu possa, o mio diletto,
con la tua lancia a mia salvezza compiere
questa impresa, e tornar quindi al tuo tetto.
Antistrofe II
Vieni, móstrati, fa’ caro, che l’aureo
tuo scudo agli occhi del Pelíde sfolgori:
dove del carro il giro s’apre, innalzalo
obliquo, i puledri èccita,
vibra della zagaglia il doppio cúspide.
Non danzerà nel tempio
d’Era in Argo mai piú, chi ardisca attenderti.
Ma questo suolo, poi che avrà lo stame
tronco del viver suo la parca tracia,
lo accoglierà, dolcissimo gravame.