Regno
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Questo testo fa parte della raccolta XIII. Da 'Psiche'
XXXVII
REGNO
Sul pauroso mar l’occhio si stende
da la tacita rada, e il cor non trema:
ma. come il più s’innoltra, e il vespro scende,
e a mano a mano che la terra scema,
grandeggia il cielo e l’acqua, e piú non splende
il fanal della costa, una suprema
sconfinata tristezza al cor s’apprende,
né sa ben dir qual nova ombra lo prema.
Forse, o povero cor, tutta ti appare
la picciolezza tua. verme perduto
tra ’l ciel profondo e l’infinito mare!
Pur tu domini Tacque e imperi ai venti.
Povero cor, qual regrío hai ricevuto,
se piú sei mesto ove piú re ti senti!