Ramuscello (Prati)
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VII
RAMUSCELLO
O ramuscel di mandorlo,
quando su te si posa
il cardellino, e ai limpidi
rigagni e al ciel di rosa
5sparge la fresca e lieta
anima di fanciullo e di poeta;
o ramuscel, per magica
arte io vorrei mutarmi
nell’augellin che dondola
10su te, trillando carmi;
su te, che spargi al vento
la molle nebbia de’ tuoi fior d’argento.
E lá, cantando il giovane
mio tempo e i dolci inganni,
15le ingrate nevi e il cumulo
non sentirei degli anni,
Ma ognun la sua fatale
stella ha sul capo; ed accusarla è male.
Dunque, augellin, sul candido
20ramo tu resta e trilla;
nella consunta lampada
io sveglio una favilla
e seguo, al tenue raggio,
sonnambulo nell’ombra, il mio viaggio.
25E ad una pietra celtica,
a un ipogeo latino,
o sotto un dorio portico,
o un arco bizantino,
sogno; e domando al fiore
30ciò che resta nel mondo e ciò che muore.
Sogno; e domando ai zefiri
se, al di della procella,
io seguirò la bussola
d’Amalfi o la mia stella,
35e se il funereo altare
troverò sulla tolda o in fondo al mare.
Se in fondo al mar le naiadi,
dopo il virgineo ballo,
non mi daran sarcofago
40di perla o di corallo,
ma, pari a mia fortuna,
un letticciuol di poca aliga bruna;
grato alle dèe, dal povero
sepolcro, a quando a quando
45mi leverò, l’erratico
Poseidón guardando;
e mi parrá la vita
sentir nella sonante onda infinita.
Onda, del tutto origine,
50madre ed amante ignota,
al cui tripudio il mistico
Gange e il divino Eurota
e l’ilice dircéa
e il ramuscel di mandorlo si crea;
55onda, che sorgi ai palpiti
di Febo innamorato,
e al cardellin e all’aquila
i nascimenti hai dato;
onda nettunia, è pieno
di sogni eterni chi ti dorme in seno.