Raccolta di proverbi bergamaschi/Famiglia
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Famiglia
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FAMIGLIA.
Ai sćèć as’ ghe n’ dà de spès — Ai ragazzi se ne dà di frequente — perchè
I sćèć i è compàgn di póe; i mangia töć i momènć — i ragazzi sono come i polli; mangiano ad ogni momento — E i Toscani: Ragazzi e polli non si trovan mai satolli; Uccellin che mette coda, mangia ogn’ora ogn’ora.
Chi gh’à di sćèć, gh’à di fastöde — Chi ha de’ figli, ha de’ fastidj — e si aggiugne:
Quando i è pissègn, i è fastöde pìcoi; quando i è granć, i è testöde granć — Figliuoli piccoli, fastidj piccoli; figliuoli grandi, fastidj grandi — Fanciulli piccoli dolor di testa, fanciulli grandi dolor di cuore.
Chi gh’à madrégna, gh’à padrégn — Chi ha matrigna, ha patrigno.
Dó gh’è di sćèć mangia a’ i već — Dove sono bambini mangiano anche i vecchi — Proverbio fatto per significare che i figliuoli non portano miseria; e si dice anche:
Ol Signùr al créa l’agnelì col so pradelì — Iddio crea l’agnellino col suo pratellino — o come dicono i Lucchesi: Nata la creatura, nata la pastura. A taluno parrà che questi proverbj manifestino una troppo grande fiducia nella Provvidenza; però, senza ricorrere al sovranaturale, trovano una spiegazione nel fatto che genitori attivi ed amorosi raddoppiano di lena e di economia col crescere la loro figliolanza; così avverasi che
Ü pader manté dés fiöi — Un padre mantiene dieci figliuoli — mentre poi
Dés fiöi no manté miga ü pader — Dieci figli non mantengono un padre — I Toscani strano di avere un’idea ancora più favorevole della potenza di un buon padre, poichè dicono: Basta un padre a governare cento figliuoli.
Fortünada o Beada quela spusa che la prima l’è öna tusa — Fortunata o Beata quella sposa, che fa prima la tosa — Il Giusti annota questo proverbio così: «Forse più che pregiudizio è motto i consolazione alle spose che incominciano dal partorire femmine, ed il pregiudizio sta nel credere che sia questa una sventura.» Io credo che questo proverbio voglia proprio significare essere una fortuna avere una figlia nel primo parto, perchè essa diventa presto un ajuto della madre nelle faccende domestiche; perciò un altro proverbio toscano dice: Chi vuol far la bella famiglia, incominci dalla figlia.
I sćèć, a üsai trop bé, a s’i rüina — Corrisponde al toscano: Figlio troppo accarezzato non fu mai bene allevato; e Chi il suo figlio troppo accarezza, non ne sentirà allegrezza. Salomone ne’ Proverbj: Qui parcit virgæ, odit filium suum, che un Napoletano tradurrebbe: Chi sparagna il bastone odia i figli.
I sćèć i gh’à ’l sò angel cüstode — I bambini hanno il loro angelo custode — ed i Toscani: Dio ajuta i fanciulli e i pazzi, I bambini e i pazzi non si fanno mai male.
I sò nó i scampa miga semper — I proprj genitori non campano sempre — Pur troppo, quindi è necessario che i figliuoli pensino per tempo a formarsi uno stato.
La piò granda consolassiù d’ü pader l’è quela de èd i sò fiöi a fa bé — La maggior consolazione di un padre è quella di vedere i figli a comportarsi bene — Il figliuolo savio rallegra il padre; ma il figliuolo stolto è il cordoglio di sua madre (Salomone).
La mader pietusa la fa la fiöla tegnusa — V. Vizi, ecc.
Madòna e nöra i sta bé sö i quader — Suocera e nuora stanno bene sui quadri — I Toscani dicono: Suocera e nuora, tempesta e gragnuola. Ciò ripetono in varii modi i proverbi di tutte le lingue moderne, ed a voi, nuore, tocca di smentire questi proverbi. Sentite come vi consiglia la signora Fanny Ghedini Bortolotti: «Lasciate agire vostra suocera a suo modo negli affari domestici, rispettate i suoi usi casalinghi: sono affari, sono usi invecchiati con lei, e il volerglieli portar via vale quanto il portarle via una parte della sua stessa esistenza. Non raccontate ogni gesto, ogni parola al marito; compatite le debolezze, i pregiudizi, i difetti propri dell’età avanzata e sopratutto amatela davvero e sarete da lei amata, perchè amore chiama amore.» (Proverbi spiegati al popolo).
Ol sangu’ no l’è aqua — Il sangue non è acqua — Dicesi del risvegliarsi alcuna inclinazione o altro sentimento di somiglianza o congiunzione di sangue.
Segónd ol sòc al vé zo i tape — Tale è il ceppo, tale è la scheggia — e
Chi nas de legn, sont de sòc — Chi nasce da legno, sente di ceppo — e
Di bóre ’l vé zó di tape — Da fusti vengono scheggie — Diciamo anche latinamente Talis pater, talis filius, che traduciamo
Tal pader, tal fiòl — Quale il padre, tale il figlio; qual la madre, tal la figlia. Nella Val Bregaglia si dice bellamente: Nu ’l croda l’öf da lonc da la galina — L’uovo non cade lontano dalla gallina; però anche questa regola ha le sue eccezioni, e Dante scrisse:
Rade volte risurge per li rami
L’umana probitate; e questo vuole
Quei che la dà, perchè da lui si chiami.
Ü sćèt l’è poc, du i è assé, tri i sa fa sentì (o i sent de stri) — Un solo figlio è poco, due sono abbastanza, tre si fanno sentire (o puzzano d’abbruciaticcio) — Nella Valle Calepio ho imparato quest’altro bellissimo:
Ü ’l ghe öl, du s’gha öl bé, tri i è assé, per quater gh’è post, sìc i è d’aàs, sés i è de pès, i óter che capìta i è ü tribölére ’n vita — Uno ci vuole, a due si vuol bene, tre sono abbastanza, per quattro c’è posto, cinque sono d’avanzo, sei sono di peso, gli altri che capitano sono una tribolazione a vita.