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d’abbruciaticcio) — Nella Valle Calepio ho imparato quest’altro bellissimo:
Ü ’l ghe öl, du s’gha öl bé, tri i è assé, per quater gh’è post, sìc i è d’aàs, sés i è de pès, i óter che capìta i è ü tribölére ’n vitaUno ci vuole, a due si vuol bene, tre sono abbastanza, per quattro c’è posto, cinque sono d’avanzo, sei sono di peso, gli altri che capitano sono una tribolazione a vita.


FATTI E PAROLE.


Al ga öl di fati e miga di ciàcoleFatti ci vogliono e non chiacchere — perchè
I ciàcole i è semper ciàcoleLe chiacchere non sono altro che chiacchere — mentre i fatti sono maschi; e dove abbisognano i fatti, le parole non bastano.
Cà che baja, no pìa migaCan che abbaja, non morde — cioè Chi fa molte parole fa pochi fatti; al contrario Chi far dei fatti vuole, suol far poche parole.
Chi no öl ered al sant, erede al miràcolChi non vuol credere al santo, creda al miracolo — cioè Chi non vuol prestar fede alle parole presti fede ai fatti.
Dal dì al fa al gh’è ü gran tràDal detto al fatto c’è un gran tratto — Dal fare al dire c’è che ire; Il dire è una cosa, il fare è un’altra.
L’è belfà a criticà, bisogna proà a faÈ facile criticare, bisogna provarsi a fare.

Öna parola tira l’ótraUna parola tira l’altra — Più sovente suole accennare al provocarsi collo scambio