Raccolta di proverbi bergamaschi/Contrattazioni, mercatura
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Contrattazioni, mercatura
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CONTRATTAZIONI, MERCATURA.
A ciapà, ciapà söbet — A pigliare non essere lento — mentre
A pagà s’è semper a tép — ed anche
A pagà mè es lenć perchè ’l pöl nas di assidènc de no pagà piò niènt — Non t’affrettare a pagare, A pagar non esser corrente; ed i Tedeschi: Mit Bezahlen und Sterben hat es Zeit, che dai Toscani si traduce: Alla morte e al pagamento indugia quanto puoi. Il nostro proverbio, che consiglia di indugiare il pagamento perchè può darsi l’accidente di non pagare più niente, è molto immorale: è prudenziale invece non affrettarsi a pagare nella riflessione che
Chi öltem paga, ben paga — Indugia il pagamento più che puoi, e non pagherai due volte.
As’ contrata la paga, ma miga la pisa — Si ha da contrattare il valore di una merce, ma non il peso nè la misura — Così dovrebbe essere.
Bisogna ’ndà al mar — Bisogna andar al mare — cioè ai grandi magazzeni, se si vuol comperare con vantaggio.
Bu e bu marcàt i sta miga ’nsèma — Buono e buon mercato non stanno insieme — perciò
Chi piò spend, meno spend — Chi più spende, meno spende — e Chi veste di mal panno, si veste due volte all’anno.
Chi nó sa eomprà, compre zuen — Chi non sa comperare, compri giovane — Si dice per lo più nella compra di bestiame.
Chi spressa, völ crompà — Chi sprezza, vuol comperare — Nei Proverbj di Salomone si legge: Malum est, malum est, dicit omnis emptor. E Montaigne: Les choses de quoi on se moque, on les estime sans prix.
Chi stima, no compra — Chi stima, non compra — A chi stima non duole il capo (Tosc.).
Coi solć in ma as’ fa semper pió bu afare — Coi denari in mano si fanno sempre migliori affari — mentre, come dice il proverbio milanese, Chi tö a creta, compra câr e ’l va in boleta.
Erùr nó paga debeć — Errore non paga debiti — Errore non fa pagamento (Tosc.).
Negosse de legnàm, gran frecàs e poc guadàgn — Negozio di legname, gran fracasso e poco guadagno.
O èndem, o tèndem — O vendimi, o guardami — Così dicono i negozj, i quali per prosperare hanno bisogno dell’assiduità del padrone.
Ol bu marcàt al vöda ’l borsèl — Le buone derrate vuotano la borsa — e
Ol trop bu marcàt al tira in malura — Le troppe buone derrate traggono in rovina — perchè allettano a comperare.
Ol comprà l’insegna a vend — Il comperare insegna a vendere — perchè dal prezzo della compera si forma quello della vendita.
Ol sold ciapàt sóta ’l porteghèt l’è sant e benedèt — Il denaro preso sotto il portichetto è santo e benedetto — Bel proverbio col quale si vuole significare che i guadagni, fatti stando alla propria casa, sono i migliori. Il proverbio toscano dice: Vendi in casa e compra in fiera.
Ol zontaga l’è parét del piàns — Il rimetterci di capitale è parente del piangere — ed è certamente meglio non acquistare che perdere.
Pati ciari, amici cari (o amicissia longa) — Patti chiari, amici cari, o amicizia lunga.
Prima notà e po’ pagà — Prima notare e poi pagare — Nei pagamenti non bisogna mai risparmiare la penna.
Pochèti, ma tochèti — Nel suo laconismo equivale al proverbio veneto che dice: Xe megio lascar in t’i prezzi che far credenza — È meglio essere facile o largheggiare nel prezzo che far credenza.
Ròba esibida, ròba avilida — Roba profferta, mezza buttata via (Tosc.); e
Roba esebida o la spössa o l’è stantida (Ang.) — Roba esibita o puzza o è stantia.
Tira e pò mulà — Stiracchiare e poi cedere — Si ha da procurar di guadagnare il più che si può, ma non si deve mai tralasciar di vendere quando si guadagna; bisogna vivere e lasciar vivere. Franco Sacchetti, nella XVI novella, narra che «a Siena fu già un ricco cittadino, il quale venendo a morte, ed avendo un figliuolo gli fece tre comandamenti, il secondo de’ quali è che quando egli avesse comprato una mercanzia, o altra cosa, ed egli ne potesse guadagnare, che egli pigliasse quel guadagno, e lasciasse guadagnare ad un altro.»
Vilàn crida, vilàn paga — Vuol significare che lo scortese, il villano che sempre si lamenta del prezzo di robe o servigi, finisce col pagar più degli altri.