Quattro leggende (Jacopo da Varazze)/A chi legge

A chi legge

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Jacopo da Varazze - Quattro leggende (1849)
Traduzione dal latino di Anonimo (XIV secolo)
A chi legge
Dedica Leggenda I
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A CHI LEGGE

GIUSEPPE MANUZZI


A me parve sempre (e par tuttavía) che non piccolo beneficio faccia a’ buoni studi chiunque tolga a pubblicare qualcuno di que’ tanti Testi a penna, citati nel Vocabolario della Crusca, che giacciono tuttora nelle pubbliche o private biblioteche senza l’onore della stampa, pasto non di rado delle tignuole e de’ topi. Primieramente, perchè viene ad arricchire le lettere di nuovi esemplari di bello ed elegante scrivere, dei quali non è mai troppa la copia. In secondo luogo, perchè agevola la via a chiunque voglia accrescere ed emendare il Vocabolario di nostra lingua; singolarmente dove chi li pubblica si faccia ad esaminare accuratamente e sottilmente le voci già addotte dagli Accademici nelle passate impressioni, ed a notare con oculata diligenza quelle che utilmente si potrebbero allegare nelle future. Queste considerazioni, accompagnate da un’altra non men vera; che simili scritture dureranno nella memoria degli uomini, finchè durerà questo nostro dolcissimo idioma; mi recano oggi (che voglio onorare e festeggiare il meglio che per me si possa un nobilissimo e caro matrimonio) a dar fuori colle stampe quattro Leggende, che ebbero vita nel miglior tempo di nostra lingua, e tutte e quattro assai volte citate nel soprammentovato Vocabolario della Crusca. Ciò sono la Leggenda della Ascensione di Cristo1, quella dello Spirito Santo in Pentecoste, [p. vi modifica]quella della Natività di San Giovanni Battista, e quella finalmente della Invenzione della Croce.

Esse furono scritte originalmente in latino dal Beato Iacopo da Varagine de’ Frati Predicatori, lodato Arcivescovo di Genova; ma il traduttore nel recarle a volgare talora vi aggiunse qualche cosa del proprio, e spesso omise qui e qua a bella posta molti brani, quando più e quando men lunghi, e per fino intere faccie, spogliando così le Leggende di racconti poco credibili, o di citazioni inutili, o di certe divisioni e suddivisioni piene di scolasticume, che non avrebbero fatto che scemare il diletto delle pie persone, per le quali egli dovette essersi addossata questa fatica; se già non si volesse dire, lui avere avuto alle mani un qualche Leggendario accorciato, sapendo noi per certo, che un Bernardo Guidonis, ed altri, tolsero ad abbreviare la più parte delle Leggende scritte dal Varagine, affine di purgarle da molti fatti, che mal reggono ad una sana critica.

Il Codicetto da cui le ho tratte è in carta pecora, del secolo XIV, scritto in bellissimo carattere rotondo, e molto correttamente; ed è quel medesimo (come ne fa fede il riscontro degli esempi) che adoperarono gli Accademici della terza impressione, dove queste Leggende furono per la prima volta allegate, sopra un Testo a penna di Simon Berti, detto nell’Accademia lo Smunto, ora sotto il titolo speciale di ciascuna Leggenda (del che danno notizia gli Accademici nella Tavola delle abbreviature), ora sotto quello di Legg. SS. Pad. S. B., come si vede alla voce offensa, la quale appartiene alla Leggenda dello Spirito Santo: ora di Vit. S. Gio. Batt. S. B., come si ritrae dalle voci calzamento, casato, chiosa, e contendere, tutte spettanti alla Leggenda della Natività di S. Giovanni Battista; la quale è ben altra cosa dalla Vita, opera egualmente citata fino dalla [p. vii modifica]prima impressione sopra Testi a penna. Di queste due ultime abbreviature non fu fatta menzione alcuna nella Tavola suddetta, nè da quelli della terza, nè da quelli della quarta impressione. Questo Codicetto del Berti passò, forse per dono del medesimo, a Francesco Redi, nella cui librería era segnato col numero 146, ed ora si conserva, cogli altri Manoscritti di questo celebre medico e letterato, nella Laurenziana, segnato col numero 11. Nella guardia del libro vi è scritto di carattere del Redi il suo nome, e cognome coll’anno 1657, e queste precise parole: Queste Leggende sono assai buone per la lingua.

Egli è anche da sapere che le due prime Leggende, cioè quella dell’Ascensione di Cristo, e dello Spirito Santo, vennero innestate da Domenico Maria Manni nel IV Tomo delle Vite de’ Santi, traendole da un Codice di qualche antichità del signor Panciatichi; e che sopra questa stampa del Manni, quella dello Spirito Santo venne allegata dagli Accademici della quarta impressione alla voce iubileo, nel qual passo il Codice Berti legge giubileo. Anche quella dell’Ascensione fu allegata sulla stampa medesima alla voce nebula, pognamo che gli Accademici non ne dessero notizia nella Tavola, come dovevano e fecero dell’altra. Del resto, quantunque la lezione del Codice già Berti sia generalmente migliore di quella del Codice che servì al Manni per la sua edizione, pure ho trovato talora di che giovarmene; ed ho accennato a piè di pagina le principali varianti. Le altre due, per quello che io ne so, non furono stampate mai2, e sono degnissime, come le prime, della [p. viii modifica]pubblica luce. Chi sia stato colui che le recò in volgare (non se ne facendo nel Codice alcuna menzione) non mi è stato possibile di rintracciarlo, come non fu possibile al Manni per le prime due. Ben è vero che dalle voci e dai modi del dire, che si trovano per entro a queste scritture, mostra d’esser vissuto nella prima metà del secolo XIV, e di aver avuto nello scrivere assai valore.

Due Tavole ho poste in fine di queste quattro Leggende. Nella prima ho raccolto tutte le voci citate nella terza e quarta impressione del Vocabolario sull’autorità del Codice Berti da me esemplato, accennando i non molti luoghi, dove il Vocabolario è da emendarsi, per renderlo concorde colla lezione del Testo a penna. Queste lievissime differenze debbono ascriversi, piuttosto che ad errori, a sbadataggini o di chi trascrisse gli esempi, o degli stampatori. Nella seconda ho registrato alfabeticamente quelle voci e que’ modi di favellare, che mi parvero tuttavía citabili in una nuova e più corretta e ricca edizione del Vocabolario nostro; la quale io medesimo sarei presto di fare con dodici è più mila tra giunte, correzioni, e miglioramenti (avendole già pronte per la stampa), dove i tempi corressero meno infelici pe’ buoni studi; e singolarmente per la lingua; o i Mecenati fossero men rari, o più generosi. Gradisci, cortese lettore, queste mie affettuose cure; che il gradimento tuo sarà più che sufficiente guiderdone ad ogni mia fatica, durata a prò di questa nostra carissima lingua, la quale io amo ogni giorno più; e ogni giorno veggo con dolore, che si va a perdere tra quei medesimi che dovrebbero zelare studiosamente per la sua conservazione, e pel mantenimento del suo antico lustro; e vivi felice.


Note

  1. Gli Accademici della quarta impressione nella Tavola delle abbreviature, parlando di questa Leggenda, affermarono d’aver citato un «Testo a penna che fu dello Smunto, ora nella librería de’ Panciatichi alla Scansía V segnato col numero 7.» E nella nota 144 dissero «Questa Leggenda è stata poi data alla luce per Domenico Maria Manni in Firenze nel 1735 nel Tomo IV dell’opera intitolata Vite dei Santi». E furono tanto persuasi ciò esser vero, che nell’Appendice apposero il numero della pagina di questa stampa ad alcuni esempi citati; e notarono, come da doversi emendare, le lezioni diverse: ma s’ingannarono. Il Codice dello Smunto non passò mai nella librería de’ Panciatichi, nè era quello che si trovava alla Scansía V segnato col numero 7. Il Codice dello Smunto passò fino dal 1657 nella librería di Francesco Redi, ed ivi conservossi fino a che quella librería venne legata nel secolo scorso alla Laurenziana, dove conservasi al presente, e la sua lezione confronta a capello con quella del Vocabolario in tutti i luoghi indicati, come da emendarsi.
  2. Veramente una Leggenda della Natività di S. Gio. Battista fu pubblicata in Firenze nel 1833, in 8.°; ma è diversa da questa mia, come può vedersi dal proemio del dotto editore, ed amico mio Mons. Stefano Rossi. Egli nel detto proemio dà ragguaglio di altri due Codici fiorentini, che contengono la stessa Leggenda, che ora si pubblica da me; l’uno Magliabechiano, segnato col num. 139 class. 38; l’altro Riccardiano, segnato col numero 1388, entrambi del secolo XV avanzato. Io li ho confrontati tutti e due col Testo che do fuori; ma essendo assai più moderni del Laurenziano, ed anche trascritti con non troppa diligenza, massime il Magliabechiano, non m’è sembrato di dover far luogo a piè di faccia alle molte varianti, che ne aveva raccolte. Ben debbo ammonire il lettore che a pag. 13, dove leggo: si rallegrò nel ventre della madre nello avvenimento della Vergine Maria; e a pag. 14, dove è detto: ci disponeva e ordinava al battesimo, lo faccio sull’autorità del Cod. Riccardiano; da che il Laurenziano nel primo passo dice: si rallegraro nel ventre della madre nello avvenimento delle Vergini; e nel secondo: ci disponeva e ordinava il battesimo.