Quando spinge vêr noi l'aspro Boote
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VIII
AL SIG. GIAMBATTISTA LAGOSTENA
Gli amori lascivi condurne a fini infelici.
Avvegna che girando il Sol ne chiami
Co’ rai di sua bellezza alma serena,
Non avvien tuttavia, che per nom s’ami,
O si miri beltà, salvo terrena.
5Chioma, che d’or, Lagostena, risplenda,
Benchè ne deggia grazie all’altrui mani,
E nero sguardo, che d’amore accenda,
E lo stellato ciel degli occhi umani.
Colà, siccome a sol rifugio e porto,
10Volgesi il Mondo, ivi si vien felice,
Ivi d’ogni dolor posto è conforto:
Ma non Antonio sfortunato il dice.
Ei già di squadre, e di grand’or possente,
D’aspri avversarj vincitore in vano
15Ripose il freno de’ pensieri ardente
Alla reina di Canopo in mano.
Pronto agli scherzi, alle vittorie tardo,
Disprezzato il Latin sangue gentile,
Per nudrir l’alma d’un Egizio sguardo,
20Recossi l’onde del gran Tebro a vile.
E quando per l’Egeo tromba di Marte
Offerse il Mondo alla più nobil spada,
La spada ei gitta, e fa girar le sarte,
Perchè femmina vil sola non vada.
25Qual poi de’ casi lagrimosi e rei
Non ebber contro al patrio Nilo in seno?
Lei che in battaglia rifiutò trofei,
Per servitù fuggir corse al veneno.
Ma prima Antonio dalla fiamma, ond’arse,
30Riscuote il cor, che di lussuria langue,
E perchè per amor l’altrui non sparse,
Largo divien del suo medesmo sangue.
E grida: o Roma, e del Romano Impero
Eterni eredi, e che d’eterna fama
35Me nudo spirto anco udirete altero;
Così sen va chi segue donna ed ama.