Quando d'avverso Ciel stimai rigore
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XI1
Quando d’avverso Ciel stimai rigore,
Che un trono abbian negato a me gli Dei,
Bella cagion de’ dolci affetti miei,
Fu deliro amoroso, e n’ho rossore.
5Che reso oggetto allor del tuo favore,
D’un regno io domator creder potrei,
Qual son io ripensando, e qual tu sei,
Gratitudine in te ma non amore.
No, dello stato mio, Dei, non mi sdegno;
10Miglior sperarlo ad un mortal non lice:
E l’umil sorte mia n’è appunto il pegno.
Nice m’ama, io lo so, nè amar può Nice
Altro in me che me solo. Ah che a tal segno
Non rende un trono il possessor felice.
Note
- ↑ Pentimento dell’antecedente desiderio.