Qual fiume altier, che dall'aeree vene
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XII
AL SIG. BARTOLOMMEO PAGGI
Il sollecito Studio ristorare la brevità della vita.
Qual fiume altier, che dall’acree vene
In ima valle torbido ruini,
Quando al soffiar dell’africane arene
Struggesi il ghiaccio per li gioghi alpini:
5Tale il Tempo veloce impetuoso
Del ciel trascorre per le vie distorte,
Il Tempo inesorabile bramoso
Gli Uomini trar ne’ lacci della Morte.
Umida nube, che levata appena
10Sul dosso d’Appennin Borea distrugge,
Fiamma, che in atro nuvolo balena,
Sembra la vita, sì da noi sen fugge.
Or da qual arte in terra avrem soccorso,
Sicchè di Morte ristoriamo i danni?
15Chi malgrado del tempo e di suo corso,
In pochi giorni camperà molti anni?
Quei che nel campo d’oziosi amori,
Paggi, non degnerà d’imprimer orma;
Ma sosterrà dentro i notturni orrori,
20Che vegghi il guardo, perchè il cor non dorma.
Cotal per le Tessaliche foreste
Là ’ve seco l’avea d’etate acerbo
Ammoniva Chiron, fera celeste,
L’aspro cor dell’Eacide superbo.