Elegie (1-5) (1818)

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Pensieri poetici Argomento di una canzone sullo stato presente d'Italia
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II

ABBOZZI E PRIME STESURE

(1818-21)


I

ELEGIE

(1818)


1

ARGOMENTO DI UN'ELEGIA


Io giuro al cielo, ecc. O donna, ecc. né tu per questo, ecc. io m'immagino quel momento, ecc. Non ho mai provato che soffra chi comparisce innanzi, ecc. essendo, ecc. ἐρώμενος, ecc. giacché io sinché la vidi non l'amai. Io gelo e tremo solo in pensarvi; or che sarà, ecc. Che posso io fare per te? che soffrire che ti sia utile? Benché io già ἡρώμην αου (ché cosi si è detto nella prima elegia), non era ben deciso, né conosceva l'amore, quand'io ti compariva innanzi.


2

D'UN'ALTRA


Oggi finisco il ventesim'anno. Misero me! che ho fatto? Ancora nessun fatto grande. Torpido giaccio tra le mura paterne. Ho amato te sola, O mio core, ecc. Non ho sentito passione, non [p. 192 modifica]mi sono agitato, ecc., fuorché per la morte che mi minacciava, ecc. Oh! che fai? Pur sei grande, ecc. ecc. ecc. Sento gli urti tuoi, ecc. Non so che vogli; che mi spingi a cantare, a fare, né so che, ecc. Che aspetti? Passerà la gioventù e il bollore, ecc. Misero! ecc. E come piacerò a te senza grandi fatti? ecc. ecc. ecc. O patria, o patria mia, ecc. che farò? Non posso spargere il sangue per te che non esisti più, ecc. ecc. ecc. Che farò di grande? Come piacerò a te? In che opera, per chi, per qual patria spanderò i sudori, i dolori, il sangue mio?


3

D'UN'ALTRA


Non sai ch'io t'amo, ecc. O campi, o fiori, ecc. ecc. Ma non importa, ecc. Mi basta di soffrire per te. Non ti sognasti mai, non desiderasti, non pensasti d’essere amata, ecc. Non merito che tu m'ami, ecc. Mi basta il mio dolore, la purità de' miei pensieri, l'ardore, la infelicità dell’amor mio. Non te lo manifesto per non gittar sospetti in te, che non crederesti pienamente alla purità, ecc. Nato al pianto, mi contento anche in questo amore d'essere infelicissimo.


4


     Io giuro al ciel che rivedrò la mia
donna lontana, ond' il mio cor non tace
ancor posando, e palpitar desia.
     Giuro che perderò questa mia pace
un'altra volta, poi ch' il pianger solo
per lei tuttora e ’l sospirar mi piace.


5


Elegia di un innamorato in mezzo a una tempesta, che si getta in mezzo ai venti e prende piacere dei pericoli che gli crea il temporale, ed egli stesso, errando per burroni, ecc. E infine, rimettendosi la calma e spuntando il sole e tornando gli uccelli al [p. 193 modifica]canto (dove si potrebbono porre quelle terzine ch'io ho segnate ne' Pensieri), si lagna che tutto si riposa e calma, fuorché il suo cuore. Anche si potranno intorno al serenarsi del cielo usare le immagini del canto secondo e quarto della mia Cantica. Io vedo, ecc. Gli uccei girarsi basso per la valle: Poco può star che s'alzi una tempesta. Donna, donna, io non ispero che tu mi possa amar mai: povero me! non mi amare, no; non lo merito; infelicissimo, non ho altro, altro che questo povero cuore; non mi ami, non mi curi, non ho speranza nessuna. Oh, s’io potessi morire! oh turbini! ecc. Ecco, comincia a tonare: venite qua, spingetelo, o venti, il temporale su di me. Voglio andare su quella montagna, dove vedo che le querce si movono e agitano assai. Poi, giungendo il nembo, sguazzi fra l’acqua e i lampi e il vento, ecc. e, partendo, lo richiami.