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L'albergo

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Il soldato di San Piero in campo La calandra
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L’ALBERGO



Qual ne corse parola oggi per l’aria,
alata? Soli, a due, quindi a branchetti,
3a stormi, nella macchia solitaria

giungono muti i passeri, dai tetti
neri tra i salci, dalla chiesa nera
6tra i pampini, dai borghi al monte stretti

per non cadere. E limpida la sera:
segnano i boschi un bruno orlo sottile
9su le montagne, una sottil criniera.

Non garrirà di passeri il cortile,
e salutando con le squille sole
12vaporerà nell’ombra il campanile!

Non i loquaci spettator che suole,
avrà sui merli il volo de’ rondoni
15(uno svolìo di moscerini al sole

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par di lontano sopra i torrioni
del castellaccio); e assorderà le mura
18mute il lor grido, e i muti erbosi sproni!

Giungono sempre nella macchia oscura;
frullano, entrano, affondano in un pino:
21nel pino solo in mezzo alla radura.

Pende un silenzio tremulo, opalino,
su la radura: dondolano appena
24le cavallette il lor campanellino.

Ed ecco nella queta aria serena
scoppia un tumulto — l’albero ne oscilla —
27subito come un rotolar di piena.

È il pino, il pino che cinguetta, strilla,
pigola: ogni ago tremola e saltella.
30Le imposte, per udire, apre una villa.

Nella radura quella nera ombrella
aerea tumultua... St!... Solo
33ora s’ode un ronzìo di cantarella.

Che è? Crocchiava un ghiro sul nocciuolo?
Secca una pina crepitò? Lontano
36cantava l’invisibile assiuolo?

Silenzio. Solo il ronzìo grave e piano
s’ode in disparte, e qualche cavalletta
39che scuote il suo campanellino invano.

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Ma di nuovo quel pino, ecco, cinguetta,
pigola, strilla; e tutta la boscaglia
42ne suona intorno, mentre l’ombre getta

più grandi. Azzurra in cielo si ritaglia
ogni cresta dei monti; una vetrata
45a mezzo il poggio razza ed abbarbaglia.

Dura il frastuono, e par d’una cascata:
pare sopra il fogliame ampio e sonoro
48lo scroscio d’una luminosa acquata.

Sfuma gli alberi neri un vapor d’oro.