Postuma (1905)/XV
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XV.
NOIA
Aria ferma e corrotta, acque stagnanti,
Biscie, zanzare e rane,
Sabbie senza confin, corvi vaganti,
Donne brutte e villane,
Gente ignorante, gialla e discortese:
Ecco questo paese.
Sbadigliando languir solo e soletto
Lunghi e tediosi giorni,
Dormire e ricader disteso in letto
Finchè il sonno ritorni,
Sentir la mente e il core in etisia,
Ecco la vita mia.
È la vita che move il tenerume
Del polipo natante;
È il vegetar del verro entro al pattume
Del brago ributtante;
Un medico direbbe: è un caso bello
D’atrofia di cervello.
E pur così sempre non vissi, e torna
Il mio pensiero ai lieti,
Ai cari monti che la vite adorna,
Ai tranquilli oliveti.
All’innocente riso, alla gaiezza
Della mia fanciullezza.
Odorati rosai, dov’è rivolta
Ogni speranza mia,
Dove il mio core amò la prima volta
E che l’estrema fia.
Questo vi giunga almen lontano addio,
Rosai dell’amor mio!
Ahi, trascinando nella pigra noia
Questa vita inamena,
Vie più m’è duro il rimembrar la gioia
Spensierata e serena
Che, non curante, delibai nel fiore
Del mio tempo migliore!
O mia Venezia! Allor non conoscea
Questi tedi mortali
Quand’io soletto in gondola correa
La notte i tuoi canali,
Da’ miei sogni cullato e dalla bruna
Onda della laguna!
E mirando nell’acqua il tremolio
De’ pallidi lampioni,
E tendendo l’orecchio al mormorio
Di lontane canzoni,
Io gustavo l’arcana ed infinita
Voluttà della vita.
O Napoli; O Palermo! O rimembranza
De’ miei cari vent’anni,
O larve liete della mia speranza
Di cui piango gl’inganni,
Deh, perchè tormentar quest’agonia
Che fortuna m’invia?
Lasciate consumar stupidamente
L’ozioso viver mio
Tanto ch’io possa addormentar la mente
Nel tedio e nell’oblio:
Così riposerò notti tranquille
Così morrò imbecille.
S. Maria del Salice (Maremma toscana).
La notte del 4 al s aprile 1870.