Politici e moralisti del Seicento/Nota/III. - Ludovico Settala

III. - Ludovico Settala

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III

LUDOVICO SETTALA

Assai piú che alle sue dotte opere la fama del Settala è raccomandata al ricordo che di lui, come protomedico di Milano, fa il Manzoni nella descrizione della peste. Tuttavia da qualche tempo si è cominciato a rileggere il suo ampio trattato politico, di cui qui viene per la prima volta ristampata la parte sostanziale, e a valutarne l’importanza come svolgimento sistematico (il piú complesso del suo tempo) delle idee dello Zuccolo, e cioè di quanto di meglio abbia dato la scienza politica nella prima metá del Seicento1.

Il Settala, nato a Milano il 27 febbraio 1555, giá a sedici anni [p. 298 modifica] mostrava ingegno precoce sostenendo una serie di tesi filosofiche in presenza del cardinale Cario Borromeo. Studiò medicina nell’Ateneo pavese: e, ricevuto dottore nel 1573, due anni dopo fu chiamato a professarla a Milano. Nel 1605 diventava anche lettore di filosofia morale2 nelle Scuole Cannobiane; e nel 1627 Filippo IV gli conferiva il titolo di protomedico del ducato milanese. In tale qualitá egli, giá vecchio, insieme col figlio si prodigava nella lotta contro la peste del 1630: preso anche lui dal contagio, guarí, ma un attacco di apoplessia lo lasciava semiparalitico e in condizioni di imbecillitá senile, fino alla morte avvenuta il 12 settembre 16333.

Convinto sostenitore della corrente ippocratea nella medicina e nelle scienze naturali, ne svolse con senno ed acume e col conforto della sua meditata esperienza le dottrine in una lunga serie di opere, tra cui ricordiamo: In Hippocratis librum de aëre, aquis et locis commentaria V (Colonia, 1590, in-8); De naevis (Milano, 1605 e Padova, 1628, in-8); Animadversionum et cautionum medi carimi libri VII ( Milano, 1614 e 1628, in-8; Dordrecht, 1650; Padova, 1652 e 1659); De Margaritis (Milano, 1618, in-4); De peste libri V (ivi, 1622, in-4). Scritti, come si vede, di interesse molteplice e vario: perché l’ingegno del Settala era di sua natura portato alla versatilitá4. E invero non dalla medicina ma dagli studi filosofici egli trasse i frutti maggiori, sia con il vasto commento In Aristotelis problemata, di cui uscirono le prime quattordici sezioni nel 1602-1607 a Francoforte (2 voll. in-folio), e il resto era giá scritto nel 16275, ma rimase inedito fra i molti manoscritti lasciati dall’autore; e sia con le due opere sue piú originali, il De ratione instituendae et gubernandae familiae libri V6 e i sette libri Della ragion di stato.

Uscirono, questi ultimi, a Milano, appresso Gio. Battista Bidelli, nel 1627, in un bel volume di 272 pp. (precedute da 12 inn.) [p. 299 modifica] in quarto grande. L’opera è dedicata, con la data di Milano 4 maggio 1627, «all’illustrissimo ed eccellentissimo signore don Emanuele de Fonseca e Zugniga, conte di Monterrey e di Fontes, del Consiglio di Stato di Sua Maestá Cattolica, e suo presidente del Sopremo d’Italia». E si fregia, dopo la dedicatoria e il «racconto dei capi dell’opera» di un bel medaglione dell’autore, Ludovicus Septalius patritius Mediolanensis annos natus LXXII, con la soprascritta: Ipsa corporis species simulacrum est mentis (Ambr.: sant’Ambrogio), — e l’infrascritta: Non tam Septalii vultus imitatur imago, Quam monstrat faciem pectoris ipse liberi7.

Dovendo accogliere il trattato in questa raccolta, è parso opportuno ridurne il testo a quanto poteva avere un effettivo interesse e presentava un contenuto originale. Si sono tralasciati, cioè, tutti i capitoli costituiti da citazioni o da sunti di teorie classiche e moderne o da esemplificazioni piú che ovvie e applicazioni secondarie: e un libro intero (il 5°), nonché quasi tutto un altro (il 7°), perché non vi si poteva scorgere gran che di piú che la soddisfazione di esigenze sistematiche. Abbiamo però dato il sommario di tutte le parti omesse, in modo che restasse chiara l’idea dell’insieme dell’opera e del metodo seguito dall’autore nella trattazione. Cure particolari ha voluto il testo, che nell’edizione originale è irto di errori di stampa, di segni d’interpunzione distribuiti a sproposito e di una quantitá di pecche che molte volte derivano dalla scarsa, per non dir nessuna, preoccupazione letteraria del Settala.


Note

  1. Meinecke, op. cit., pp. 153 sgg.; Croce, Storia dell’etá barocca, pp. 96-97.
  2. O, piú esattamente, «la filosofia attiva, compresa da Aristotele ne’ dieci libri De’ costumi a Nicomaco suo figliuolo, e negli otto libri Politici» (Della ragion di stato, prefazione: a p. 51 di questo volume).
  3. Sono da consultare al riguardo le bibliografie milanesi dell’Argelato e del Manget: da cui derivano le notizie correnti nei dizionari e nelle enciclopedie, e naturalmente anche quelle date dal Cantú nella Lombardia nel secolo XVII.
  4. Cfr. ancora a p. 51 di questo volume.
  5. Ivi.
  6. Mediolani, apud F. B. Bidellium, 1626 (pp. 414, in-8: dedicato a Julio Aresio senatus Mediolanensis principi. Il Brunet lo segna come «livre fort rare».
  7. Del libro si ha una traduzione latina: Ludovici Septalii Patricii Mediolanensis, De ratione status libri septem de Italico in Latinum versi, necnon notis et indice illustrati a Johanne Garmers ( Francofurti, 1658, in-4); riprodotta in una «editio nova, cui accedunt in hos septem libros Tabellae synopticae M. Jacobi Thomasii» (Francofurti et Lipsiae, apud Johannem Ellingerum, 1679).