Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/In Verona allo stesso
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IN VERONA
ALLO STESSO
CANZONE
Qualor ti ascolto, o nobile
Di queste piagge onore,
Molcer di carmi l’aure,
Come li detta amore,
E di colei che accendeti
Cantar gli occhi, le gote,
I labbri, il collo eburneo
Con sì soavi note,
Che il dolce usignol tenero
Ad invidiar non hai,
Ch’entro selvetta tacita
Sfoga gli antichi lai.
E che pur veggio immobile
Più d’aspra selce e dura,
Fille, l’ingrata Fillide
Che il tuo dolor non cura,
Io grido allor, coll’umile
Ignobil canto mio
Di rattener chi fuggemi
Come sperar poss’io?
Come cantando io misera
Potrò impetrar pietade
Se i carmi non l’ottennero
Di sì leggiadro Vate?
Tu se non puoi mia cetera
Recar conforto al duolo,
Vanne istrumento inutile
Vanne negletta al suolo.
Assai queste de l’Adige
Rive mi udir dolente
Con tronche voci e gemiti
Chiamar chi me non sente.
Rive care a le Grazie,
Care agli amor perdono
Se di mie note flebili
Stancarvi osai col suono.
Or mi richiama l’invido
Fato da voi lontano;
Ahi lassa! i dì che fuggono
Frenar si tenta invano.
Mesta me avran le patrie
Contrade, e il nome anch’esse
Mi udran di lui ripetere
Che di dolor mi oppresse;
Ma sempre e preci e lagrime
Disprezzerà il crudele
Solo godrà rispondere
Eco alle mie querele.