Lettera della Contessa Elisabetta Mosconi alla Contessa Teodora Pompei.

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Lettera della Contessa Elisabetta Mosconi alla Contessa Teodora Pompei.
Poesie campestri La Solitudine

[p. 115 modifica]Si è creduto bene di non ometter la Lettera, che le edizioni de’ soli versi hanno, della Contessa Elisabetta Mosconi alla Contessa Teodora Pompei.


Eccovi, amabilissima Amica, i Versi, ch’io v’ho promesso. Era per mandarveli manoscritti, non consistendo la mia promessa, che in darveli a leggere; ma finalmente, avendo dall’Autore ottenuto di farne quello che più m’aggrada, volli nel tempo stesso soddisfare ad un altro piacer mio; che è di vedere in istampa cose per me leggiadrissime, e le quali, contra il parer del troppo incontentabile [p. 116 modifica]Autore, a me sembrano degnissime della stampa. Sapete ch’egli compose questi Versi l’anno 1785 nella sua amena solitudine di Avesa, e in tempo che una scomposta salute minacciava non leggermente, benchè di lontano, i suoi giorni. Egli avrà fatto de’ versi più robusti e più dotti; ma di più patetici, di più soavi, di più secondo il mio cuore e il mio gusto non ne fece egli certo. Troverete sparsa in più luoghi quella dolce melanconia, che tanto a me piace, espresso in altri l’affetto più nobile e puro, e spesso le pitture campestri tramezzate dalle riflessioni morali naturalissimamente; oltre la sodezza del pensare, e l’eleganza dello stile, così proprie [p. 117 modifica]di lui l’una e l’altra. In una parola son certa che voi apprezzerete tal dono, e che gli altri mi sapran grado, ch’io vel faccia colle stampe piuttosto, che in altra maniera. Ma non voglio trattenervi più lungamente dal passare a gustarlo; non voglio far questa volta ciò che far soglio sì spesso e sì volentieri; parlarvi cioè della vostra bellezza, della grazia, della modestia, e di quel vostro cuore così gentile e ben fatto. Possiate, amabilissima Amica, malgrado sì pericolose qualità, viver sempre felice, dal che dipende in grandissima parte la stessa felicità mia.

Verona 10 Gennajo 1788.