Poesie (Francesco d'Altobianco Alberti)/LXXXV

LXXXV

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Misera e fragil vita,
momentanea e breve
come sfuggi via lieve!
Però cerchiàn quel che meglio c’invita.

Ravediti oramai,
riconosci lo inganno,
basti il mal che fatto hai,
sanza arrogere il danno;
que’ c’han provato il sanno
come pungon le spine
chi si conduce al fine,
dove spesso è la via retta impedita.

Questo mondo è fallace:
non ti fidar piu in esso,
ma, se quel giova piace,
dispiacciati ogni eccesso;
esci di compromesso,
muta vita e costume,
se col vivo e ver lume
vuoi ricondurti alla gloria infinita.

Ubbidisci i precetti
con prudenza e fervore,
e vizi sien negletti
con frequenza e terrore;
e sia perdonatore,
s’a te non vuoi si nieghi
quel di che spesso il prieghi,
e sia giusta orazion sempre esaudita.

Consiste insomma il tutto
in caritate e fede,
ch’allo sperar fan frutto
per farsi di Dio erede:
chi intere le possiede
nulla altro gli bisogna,
ma vagilando sogna
chi per questa qua giù l’altra ha smarrita.

Da quello essemplo piglia,
che nel diè giusto e netto;
tien pur mano alla briglia,
dove il passo è più stretto;
fa’ pur che ’l proprio affetto
corrisponda con l’opra,
se la grazia di sopra
vuoi conseguire a l’ultima partita.

Tanto è l’alma gradita
quanto ella fé quel deve,
e tal premio riceve
qual poi, secondo il merto, è stabilita.