Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XLVI. Ad Antonio Boccardi
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XLVI
Ad Antonio Boccardi
(1792)
Il peregrino argento
la molle Italia avidamente apprezza,
e degli avi temuti
la virtuosa povertá disprezza.
5Curi e Fabrici invano
cerchi, Antonio, fra noi, Scipi e Catoni:
vi rinverrai Mamurri
e, serbati agli onor, Verri e Pisoni.
L’avara stirpe imbelle
10dei spuri figli dell’ausonia terra
non piú robusta suda
fra le illustri di pace arti e di guerra.
Non piú dolce e glorioso
è morir per la patria, inutil nome!
15Non a superbe genti
dar giuste leggi e perdonare a dome.
A vil guadagno intesa,
la stolta plebe onde arricchir si affanna,
e, sovente spergiura,
20l’ospite, il socio e il compratore inganna.
Stan vegetando alteri
della virtú degli avi i grandi all’ombra,
e prepotente inerzia
l’incolta terra popolare ingombra.
Chi, quasi fosse immune
da scender nell’avel, palagi inalza
e, della breve spiaggia
non abbastanza ricco, il mare incalza.
Del vicino cliente
insidiator, la fama altri deturpa,
nell’insaziabil fòro
lo spinge incauto ed i suoi campi usurpa.
Lo scacciato marito
dalle soglie paterne invan si duole,
e con la moglie altrove
grida, piangendo, la cenciosa prole,
erra sotto altro cielo,
pietá chiedendo, e per i trivi e i tempii
agli stranieri addita
della nostra avarizia i tristi esempii.
L’ospital Brasiliano,
che il vizioso europeo chiamò «selvaggio»,
quanto nei patri boschi
meno ingiusto è di noi! quanto è piú saggio!
L’oro natio disprezza,
che aduna il Lusitan con tanto affanno,
e pago è della mèsse
che il libero terren gli rende ogni anno.
L’ozio turbar non mira
di sua capanna aviditá maligna,
né agli innocenti figli
mescer freddo velen losca matrigna.
Né dotata la sposa
capricciosa gl’impera, o l’ange infida,
né a lusinghiero drudo
la sua difesa o la vendetta affida.
Dote per lui dei padri
è la virtude e delle figlie il vezzo,
la fedeltá costume
60e pronta morte della colpa il prezzo.
Arbitri del destino
dell’avvilita Esperia, omai frenate
l’indomita licenza,
se padri della patria esser bramate.
65Con destra erculea ardete
d’ogni delitto all’idra i capi infami,
ed i potenti astuti
non trovin ésca onde insidiar con gli ami.
Dei desidèri pravi
70sradicate il vantaggio e gli elementi,
formando agli ardui studi
dell’obbediente gioventà le menti.
Aimè, se piú tardate,
vittima Italia fia dei vizi suoi
75e meritato scherno
dei discesi fra noi senoni e boi!
Giá il procelloso turbo
freme inquieto su l’Alpi e s’avvicina,
giá desta la tacente
80fra le ruine libertá latina.
Ma invan mi affanno. Il volgo
i vaticini miei stolto deride,
e il nobile ed il ricco
fra i diplomi e i tesor sbadiglia e ride.
85Declina il mondo e invecchia:
sordo de’ saggi ai providi consigli:
noi siam peggior dei padri,
e peggiori di noi crescono i figli.