Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XLIX. A Salomone Fiorentino
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XLIX
A Salomone Fiorentino
(1800)
Cantor dolente della prima sposa,
onor dei figli d’Israel dispersi,
perché non desti su fatidic’arpa
itali versi?
Agita forse del Tirreno in riva
i mesti giorni tuoi cura molesta?
Invida frode il meritato serto
rode o calpesta?
Ricchezza stolta la mercé dovuta
ti nega avara e insulta al tuo lavoro,
mentr’è alle Taidi, ai Peregrini, ai Ruli
prodiga d’oro?
Sai pur quai premi la corrotta etade
serbi a chi, saggio, di viltá non vive,
lode non vende, o di peccar maestre
storie lascive.
Fugga, o si celi; anche tacendo, offende
severo il giusto, alto bersaglio all’empio:
Scipio a Linterno, n’è Aristide a Egina
splendido esempio.
Nel tempio, in trono, nel senato, in campo
ha plauso il vizio, aviditá grandeggia,
e fra i sepolcri la virtú negletta
muta passeggia.
25Frutto funesto di cotante colpe,
nacque e l’Europa devastò la guerra,
onde vendetta di fraterno sangue
tinse la terra.
Non odi, amico, l’elegia che piange
30lacera, lorda e scarmigliata il crine?
Mirala: siede a quel cipresso accanto
fra le ruine.
Archi giá fûro e del donato mondo
trofei latini, or li ricopre l’erba,
35ché la piú parte ne ridusse in polve
l’etá superba.
Perduta gloria dei passati tempi,
tu ci rinfacci il nostro onor sepolto;
né a tanto obbrobrio per vergogna abbassa
40Italia il volto!
Si scuota... Ah, sento mormorarmi intorno,
suono possente, di Tirteo la voce!...
Cauto, rallenta le sdegnate corde,
genio feroce.