Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XLIV. A Bartolomeo Cavedani
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XLIV
A Bartolomeo Cavedoni
(1792)
Nell’ima valle il nubiloso Cecia
dal lunense Appennin stridendo piomba,
e gli ampi vanni, di nevischio gravidi,
urta nei scogli e orribilmente romba.
Degli alpini torrenti il flutto rapido
la torbid’onda del Rosaro incalza,
e i svelti massi rotolando fremono
per la scoscesa ruinosa balza.
Si scuote al suono il pastorello attonito,
che sul monte supino alto soggiorna,
e con le Grazie la cipriaca Venere
fugge dai campi e alla cittá ritorna.
Sparve, Felice, la stagion pomifera,
e dall’artico ciel scese l’inverno:
l’anno che muore ti ammonisce, credulo,
che sperare non dèi d’essere - eterno.
Breve virilitá preme sollecita
vecchiezza, cara ad un erede ingrato:
l’altera schiatta dei mortali è fragile
erba, che presto inaridisce in prato.
Finché lice goder, godi da saggio
dal cortese destin l’ora concessa:
chi sa, le Parche se benigne aggiungano
alla somma dei dí quel che s’appressa.
25Né paventare, se ti guata torbido
l’odio dei grandi con il volto arcigno;
se versa sopra la tua fama invidia
l’amaro fiele di un censor maligno.
Soffre ciascuno i suoi disastri; lubrico
50il male in terra e il ben passa e non dura;
e, s’è tarda a partir, piú tollerabile
rende tempo e pazienza ogni sventura.
Me pur tormenta ingiusta sorte, turbano
cure invidiose del mio cuor la calma,
35m’opprime morbo di sciagure e negano
languidi nervi di servire all’alma.
Di tanti amici, accanto a me non veggio
un solo amico pietoso in volto,
né sollievo al mio duol la Cocchi armonica,
40né la piena di un dio Temira ascolto.
Vaga adoro Angioletta, a cui rideano
tutti della modestia i vezzi intorno,
e questa, ahi! cadde di una corte vittima,
e. al ciel, donde partí, fece ritorno.
45Amo Italia, ove nacqui, e miro il vizio,
dei buoni ad onta, dominare in seggio;
e i dissidenti cittadini stolidi
far plauso al male ed appigliarsi al peggio.
Pure non cedo debolmente al cumulo
50di tanti mali, ma in secreta parte
vivo sperando e le noiose io dissipo
cure, vegliando su le dotte carte.
Chi l’alma ha pura e di se stesso è conscio,
non cede agli urti di volubil sorte,
55nella virtude sua si avvolge intrepido,
e sorride tranquillo in faccia a morte.