Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XXXVIII. A Melchiorre Cesarotti
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XXXVIII
(1790)
Figlio del canto, che degli anni ad onta
ridesti i vati dalla tomba e il prode,
cui ride intorno meritata e pronta
l’itala lode;
5l’arpa deponi dall’antica lama,
premio dei forti e refrigerio ai vinti,
del cieco bardo che dolente chiama
gli amici estinti;
la tromba appendi che all’indocil’ira
10sacrò d’Achille lo smirnèo cantore;
e prendi l’aurea cetera che spira
fiamme d’amore.
Di vaga figlia dell’altera Roma,
col suon possente dell’eterna voce,
15frangi l’orgoglio imperioso e doma
l’alma feroce.
Ride al mio pianto ed al suo riso applaude,
di sé cotanto il cieco amor l’inganna;
sempre di scherno prodiga e di fraude
20sempre tiranna.
Lidia le addita, che del crudo scempio
d’Alceste rea pende da un antro, e s’ange
cinta dal fumo, e, alle superbe esempio,
timida piange.
25Fa’ che di poche oda il delitto orrendo
ed il supplizio, e men proterva e fiera
l’alta paventi del destin tremendo
legge severa.
Star le danaidi con punita mano
30miri sul fiume, che pietá non sente,
empiendo il vaglio e riempiendo invano
d’onda fuggente.
Empie! poterò, in feritá maestre,
servir del padre ai tradimenti ascosi:
35empie! potêro con le infide destre
svenar gli sposi.
Una, fra molte, al genitor crudele
splendida seppe preparar menzogna,
l’amante a morte e sé rapir fedele
40alla vergogna.
— Sorgi — ella disse — dal fatal riposo
pria che le cure del mio cuor sian vane!
Sorgi, e deludi, inaugurato sposo,
l’empie germane.
45Lorde, ahi, le veggo di fraterno sangue
su l’alta sponda del tradito letto,
sciolte le chiome, e del marito esangue
curve sul petto!
Te lunge e ignoto alle paterne squadre,
50e ceppi e strazi affronterò piú forte;
lieta se posso te salvare e il padre
con la mia morte.
Vanne, e per l’ombre il casto amor ti guidi
ove ti reca il piede incerto o il vento!
55Vanne, e l’istoria su la tomba incidi
del mio tormento!