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IV. Al marchese C. B. deluso nelle sue...

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IV. Al marchese C. B. deluso nelle sue...
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IV

Al marchese C. B.

deluso nelle sue speranze da una corte

(1781)

     Fugge l’autunno: spoglia le frementi
selve decembre di canute fronde:
tornati lottando a dominar su l’onde
protervi i venti.

     5L’anno rinasce; né la sacra insegna
ti fregia ancora l’onorato petto?
In preda agli euri l’ambizioso affetto,
Delio, consegna.

     Sarai felice, se vivrai privato;
10lascia la sorda cortigiana stanza:
chi non è schiavo della sua speranza
regna beato.

     Basso virgulto lentamente scuote
Borea stridendo, ma le querce opprime:
15non umil colle, ma superbe cime
Giove percuote.

     Piú siedi in alto, piú la tua caduta
sará fatale: mille inquieti aduna
emoli Invidia; gli ode la Fortuna,
20ride e si muta:

     Fortuna cieca, che d’aurate spoglie
l’umili adorna case dei pastori,
ed a chi nacque fra gli aviti allori
spesso le toglie.

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     25Partenio imita, che sprezzò costante
le sue lusinghe. Non seduce il merto,
del facil volgo, nei giudizi incerto,
l’aura incostante:

     non teme insidie, non velata frode;
30titoli vani, folli onor non merca;
noto a se stesso dell’oprar non cerca
premio né lode.

     Sta su la soglia dell’iniqua corte
l’astuto Inganno: fuggi i suoi favori:
35son quei che t’offre insidiosi onori,
ami e ritorte.

     Il quinto lustro mi ombreggiava il mento,
quando le volsi disdegnoso il tergo:
or nell’asilo del paterno albergo
40dormo contento.

     Molesta cura non mi sparge intorno
freddo sospetto con i foschi vanni,
non mi prepara meditati inganni
il nuovo giorno.

     45Ride a’ miei voti la discreta mensa,
non ebria madre di discordie pazze;
ché a’ rari amici le capaci tazze
Fille dispensa:

     Fille occhinera, la cui bionda treccia
50ceruleo nodo tortuoso morde,
che alle lusinghe dell’aurate corde
le rime intreccia.

     Dal roseo varco de’ bei labbri suoi
spontanei vanno su la cetra i carmi:
55un prato è il campo, sono i baci l’armi,
gli amanti eroi.

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     A me che giova se il glacial Britanno
del mar conserva l’ottenuto impero,
s’invido il Gallo, se il geloso Ibero
60ne fia tiranno?

     Se, lento l’arco, di Crimea le dome
barbare genti stan dormendo in pace,
se d’Alexiowna debellato il Trace
venera il nome?

     65Per me non porta, su tonante prora,
indiche merci timido nocchiero
dal nuovo mondo, né dal lido nero
sacro all’Aurora.

     Divelte selve per l’ondoso piano
70volan ministre di fraterna morte,
de’ regi pende la dubbiosa sorte
su l’oceáno.

     Sparse di sangue, vede le rapite
mèssi l’inulta americana terra;
75spingon degli avi i lor nipoti in guerra
l’ombre tradite...

     Io bevo e canto: ché il fischiar nemico
delle bistonie procellose ruote
dei patrii boschi il pio turbar non puote
80silenzio amico:

     né può, bersaglio dei tartarei strali,
rendermi invidia viperina d’opre;
dai colpi suoi sotto un allòr mi copre
Amor con l’ali.