Poesie (Fantoni)/Idilli/XIV. Il sogno

XIV. Il sogno

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XIV

Il sogno


     Tacito sonno, che scherzando vai
con l’imagin di Fille a me d’intorno,
e la dipingi agli amorosi rai
come la veggo e al sen la stringo il giorno,
torna ogni notte ad ingannarmi in lei
e rendi men fallaci i sogni miei.
2
     Ma no, che questo non è un sogno! Desto
io sono, e Fille è che mi stringe al petto:
quel rosso labbro rugiadoso è questo,
dove muore e rinasce il mio diletto,
di dove al cor, che li temprò fugaci,
tornati tremando i moribondi baci.
3
     Bocca adorata, io ti conosco a quella
tenera forza, a quel libar pungente,
a quel tremito dolce ed alla bella
figlia del labbro tuo rosa languente,
a quei che, in petto, vorticosi giri
van formando interrotti i tuoi sospiri.
4
     Mi riconosci tu? Son io quel desso
che si confuse tua mercé con Fille;
che nei palpiti suoi, fra dolce amplesso,
d’argentee ti bagnò tenere stille;
quello son io che dove amor l’addita,
cercai la morte e ritrovai la vita.

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5
     Dimmi: quei cari giorni ancor rammenti,
ahi! troppo brevi al nostro vivo ardore,
in cui più volte i lusinghieri accenti
fuggîro e tronchi ritornâro al core,
e, dalla forza del piacer delusi,
in roco suono mormorâr confusi?
6
     Rammenti ancor quei replicati moti,
che dolcezza e languor temprando vanno?
quelle docili lingue, in giri ignoti,
molli ministre d’amoroso danno?
quei singhiozzi indecisi, in cui si sugge
l’alma coi labbri che tremando fugge?...
7
     Ma dove, dove la confusa mente
inutil (folle!) immaginar trasporta?
Cerco il piacere, ed il piacer presente
fugge col tempo ed il goder sen porta.
Fille, stringimi al sen: laccio sí forte
l’annodi Amor, lo scioglierá la morte.
8
     Se pur la morte sciórre il nodo puote
con cui lega Ciprigna i cuori amanti,
e tinger di pallor baciate gote,
e divider due labbra palpitanti;
se pur lo puote nel momento estremo,
purché tu mi sostenga, io non la temo.
9
     Cadrò, mio ben; ma sovra il labbro amato
pallido il labbro sosterrò languente:
lento raccoglierai l’ultimo fiato,
che dentro il petto fuggirá gemente,
e al tuo, bramoso di potersi unire,
la vita ti dará nel mio morire.

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10
     Ma non morrò, ché nel tuo petto allora
avrá lo spirto mio vita migliore;
nel tuo cor, sempre mio, farò dimora,
e vivo tempio diverrai d’amore,
né potranno turbare, invidi, gli anni
le nostre gioie coi passati affanni.
11
     Quelle gioie che provo, e che vorrei
fossero un sogno, perché sono alate;
ché il dolore crudel non proverei
di vederle morire a pena nate,
o senza duol le crederei, scherzando,
nate col sonno, e morirei sognando.