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idilli | 339 |
XIV
Il sogno
Tacito sonno, che scherzando vai
con l’imagin di Fille a me d’intorno,
e la dipingi agli amorosi rai
come la veggo e al sen la stringo il giorno,
torna ogni notte ad ingannarmi in lei
e rendi men fallaci i sogni miei.
2
Ma no, che questo non è un sogno! Desto
io sono, e Fille è che mi stringe al petto:
quel rosso labbro rugiadoso è questo,
dove muore e rinasce il mio diletto,
di dove al cor, che li temprò fugaci,
tornati tremando i moribondi baci.
3
Bocca adorata, io ti conosco a quella
tenera forza, a quel libar pungente,
a quel tremito dolce ed alla bella
figlia del labbro tuo rosa languente,
a quei che, in petto, vorticosi giri
van formando interrotti i tuoi sospiri.
4
Mi riconosci tu? Son io quel desso
che si confuse tua mercé con Fille;
che nei palpiti suoi, fra dolce amplesso,
d’argentee ti bagnò tenere stille;
quello son io che dove amor l’addita,
cercai la morte e ritrovai la vita.