Poesie (Eminescu)/XXI. Solitudine

XXI. Solitudine

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Mihai Eminescu - Poesie (1927)
Traduzione dal rumeno di Ramiro Ortiz (1927)
XXI. Solitudine
XX. La leggenda del bosco XXII. Venere e la Madonna
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XXI.

SOLITUDINE.


Colle tendine abbassate
seggo al mio tavolino d’abete,
il fuoco palpita nella stufa,
ed io fantastico triste.

5A frotte passan per la mente
dolci illusioni svanite; i ricordi
si trascinan lenti come grilli
neri tra vecchi muri neri.

Ovvero cadono tristi e cari
10sull’animo affranto e si struggono

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come la cera che goccia
ai piedi del Crocifisso.

Negli angoli della stanza
pendon grigi ragnateli
15e tra i libri in disordine
striscian di nascosto i topi.

In questa dolce pace
levo gli occhi al soffitto,
e ascolto come le pagine
20essi rodono pian piano.

Ahimè quante volte ho deciso
d’appender la lira a un chiodo
e liberarmi dalla poesia
e dal deserto che ho nel cuore.

25Ma grilli e sorci allora
col loro strisciar lento e minuscolo
riconducono a me la malinconia
ed essa si fa verso.

Da un volume roso dai tarli,
30negli angoli dimenticati
voi sorgete, o sogni, e siete i messi
della tristezza serena.

Col sigaro tra le dita,
io guardo allora nel fuoco
35e penso che nella mia miseria
c’è una dolce, triste pace.

Qualche volta.... troppo di rado,
quando fino a tardi arde la lucerna,
il cuore mi batte nel petto
40sentendo bussare alla porta....

È lei. La casa deserta
d’un tratto mi sembra abitata,
e nel quadro nero della notte
appare un’immagine di luce.

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45E mi fa rabbia che il tempo
abbia il coraggio di trascorrere,
quando parlo sottovoce col mio amore,
la mano nella mano, la bocca sulla bocca.