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Odi varie - A Spiridione Papadopoli nel giorno 14 dicembre 1833

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Luigi Carrer - Poesie (XIX secolo)
Odi varie - A Spiridione Papadopoli nel giorno 14 dicembre 1833
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A SPIRIDIONE PAPADOPOLI

NEL GIORNO XIV DICEMBRE 1833.

Novo d’oltr’Alpe a noi sceso costume
     Con annual vicenda offrir impone,
     All’apparir del genetliaco lume,
                                        4Motti e corone.

Ma non sempre amistà della sua cara
     Dolcezza asperge i serti e le canzoni,
     E spesso di fastosa invida gara
                                        8Son frutto i doni.

E di lei che sol vive entro gentili
     Petti, rea Finzïon, l’aspetto usurpi,
     Voti celando i carmi ed i monili
                                        12Maligni o turpi.

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Spiro, al cui nome il dì spuntò devoto,
     Ch’or d’augurii satollo in mar si getta,
     Espresso da’ miei labbri è ingenuo il voto;
                                                  16Il cor mi detta.

Volse stagion che d’improvvisi accenti
     Al labbro m’abbondò fervida piena,
     Or da lunga i miei versi escono lenti
                                                  20Sudata lena;

E sotto il morso dell’ingrata lima
     Imparano a schernir l’età fugace,
     Ma non vien meno alla pensata rima
                                                  24L’esser verace.

Oh sì, verace! E qui dove dell’oro
     Riverberato in cento parti è il raggio,
     Con schietto verso il mite animo onoro
                                                  28E il voler saggio.

Vano ingombro i tappeti e i molli seggi,
     E il lampadario che la notte avviva,
     Quando fra gli alabastri e l’or serpeggi
                                        32Cura furtiva.

Ingrato il fumo de’ sorgenti incensi
     E de’ cembali ingrata l’armonia,
     E quanto estranio lusso ai ricchi censi
                                        36D’Italia invia.

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Ma qui concordia e amor contento i lieti
     Vanni diffonde, e l’ira e il timor tace,
     E pace le domestiche pareti
                                             40Suonano, pace.

Or qual augurio formerò con lira
     Che tumide lusinghe ordir ricusa?
     Vieni, e del divo tuo foco m’inspira,
                                             44Veggente musa.

Scendi, veggente Dea, dall’ermo cielo,
     Che de’ tuoi folgoranti occhi s’allieta,
     E rorido d’ambrosia agita il velo
                                             48Sul tuo poeta.

Il velo, che la fronte e delle sante
     Membra il candore a profan occhio invola,
     E il lungo sovra i bianchi omeri errante
                                             52Crin di vïola.

E poichè sorse delle antiche fole
     Un’età ricredente e disdegnosa,
     L’aspetto abbi di quella e le parole
                                             56Inclita sposa1,

Che pur or lascia le feconde piume,
     Ove crescea d’un fiore il proprio stelo,
     Fior che all’aure più miti e a tutto il lume
                                             60S’apre del cielo.

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Nel lampo che i sereni occhi rischiara
     Brilla presagio d’avvenir felice,
     Nè Teresa di lei può aver più cara
                                             64Divinatrice.