Piccoli eroi/La cucitrice di biancheria
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LA CUCITRICE DI BIANCHERIA.
Anna Merli abita, per spender poco, un piccolo quartiere al terzo piano d’una gran casa un po’ fuori del centro. Ha una bella cucina chiara e spaziosa, una camera grande dove dorme col marito, e nello stesso tempo sta tutto il giorno a lavorare. Vicino c’è un camerino, o a dir meglio un bugigattolo, dove dorme Angiolina. Il marito è operaio meccanico, essa cucitrice di biancheria, e fra tutt’e due guadagnano appena tanto da poter vivere colla figliuola.
Un giorno Angiolina, mentre la mamma faceva andare il pedale della macchina da cucire, stava mettendo in assetto la cucina e lavando le stoviglie che avevano servito pel pranzo, quando sentì bussare all’uscio e fu tutta sorpresa di trovarsi in faccia alla Maria e all’Elisa Morandi.
— Mamma, — disse, — c’è qui l’Elisa Morandi colla signorina Maria.
La Merli sospese il lavoro e andando incontro a Maria e ad Elisa esclamò un po’ confusa:
— Che bella sorpresa!
Fece sedere Maria davanti alla macchina, mentre Angiolina conduceva Elisa dal lato opposto della camera.
Maria disse subito lo scopo della sua visita: desiderava che la signora Merli le facesse il favore di lasciar andare l’Angiolina in campagna con loro.
— Quanto sono buoni, — esclamò la cucitrice, — di pensare alla mia figliuola! Poverina, è così palliduccia e ne avrebbe tanto bisogno di un po’ di campagna; ma non sarà troppo incomodo per loro? e poi noi siamo povera gente, e temo che mia figlia faccia cattiva figura coi suoi vestiti modesti.
— Non si dia pensiero di questo, — disse Maria, — abbiamo non poco da fare a tirare innanzi anche noi colla massima economia e non nuotiamo nel lusso, ma già che nostro zio ci ha lasciato una casetta in campagna, e c’è un letto di più, ho pensato d’invitar l’Angiolina che è una brava ragazza, ed è stata delle prime della scuola; così sarà una compagnia e un buon esempio per le mie sorelle.
— Oh per questo, della mia Angiolina non posso lagnarmi; se avesse veduto come mi ha assistito poco tempo fa quando fui ammalata, e non per questo trascurava la scuola, e poi.... — qui si avvicinò per dire qualche cosa all’orecchio di Maria e non farsi sentire da Angiolina che si era avvicinata a loro.
— Povera Angiolina, — esclamò Maria, — sono proprio contenta di poterle procurare un po’ di distrazione.
Intanto la signora Merli chiamò a sè la figlia, e le disse dandole un bacio:
— Sai, figliuola mia, la ragione per cui la signorina Maria si è incomodata a venir fin quassù? È stato per invitarti ad andare in campagna con loro.
— Io in campagna! lo dici per celia, — rispose la fanciulla facendosi rossa.
— Proprio sul serio, — disse Maria, — so che sei amica dell’Elisa, e ho pensato che avrà piacere di averti insieme almeno per quindici giorni.
— È vero? — chiese Angiolina rivolta ad Elisa che se ne stava in un angolo tutta confusa. — Non lo merito, sai; vedi, quando mi raccontavi della tua bella villa credevo che tu lo facessi per farmi dispetto, perchè ero povera e non potevo andare anch’io in campagna, e ho pensato male di te, sono stata ingiusta, perdonami.
— Anch’io mi sono ingannata, — disse Elisa, — non è una villa la nostra, ma una casa, lo ha detto Maria, poi vedrai, ma non aspettarti grandi cose, — e diede un sospirone, contenta d’aver rimediato alle esagerazioni dei giorni passati.
— Sarà sempre troppo per me; mi basta un po’ di aria libera e vedere degli alberi verdi. Che gioia, che felicità! — e si mise a saltare e a battere le mani.
Ad un tratto si fece seria e disse:
— Ma e tu mamma resterai sola! non ho cuore di lasciarti.
— Ora sto bene, e sono contenta che tu vada a divertirti; non pensare a me, la sera ho il babbo e di giorno ho la mia macchina che mi tiene compagnia; piuttosto ringrazia queste signore che hanno voluto farti questa sorpresa.
Angiolina si avvicinò a Maria e, — Grazie! le disse volendo baciarle le mani, ma essa la baciò in volto, poi volle che la signora Merli riprendesse il lavoro interrotto, anzi la pregò che le mostrasse come poteva lavorare così speditamente e tanto bene.
— Ci vuole un po’ d’abitudine e d’attenzione, — disse, e le mostrò come si dovea infilar l’ago in modo che il filo avesse una tensione uguale, e dove si dovea mettere il lavoro e come bisognasse sempre condurlo colle mani, affinchè l’impuntura venisse diritta.
— Appena avrò fatta qualche economia, voglio prendermi anch’io una macchinetta da cucire, — disse Maria, — è un gran risparmio di tempo.
— Può comperare una macchinetta a mano; costa meno, e per una famiglia basta, — disse la Merli; — ma se mi vuol far proprio un piacere quando ha qualche lavoro lungo venga da me, io metto la macchina a sua disposizione. Me lo promette, non è vero? magari le fossi utile a qualche cosa! Sarei felice di mostrarle la mia riconoscenza; è proprio un’opera buona quella che fa per la mia figliuola.
— Sono ben contenta, — disse Maria congedandosi. — Dunque siamo intese; dopodomani alla stazione, — e uscì tutta lieta d’aver avuta quella buona idea.
Elisa si sentiva felice d’aver cancellata l’impressione del suo racconto esagerato, e diceva:
— Per gente che vive in due camerette, la nostra casa farà l’effetto di una villa; io però sarei stata più contenta d’avere l’Evelina.
— E non ti fece piacere la gioia di quella povera gente! — disse Maria. — Sei proprio senza cuore. Dà retta a me; se avessi invitato Evelina, o avrebbe rifiutato, essa che ha tante ville, migliori della nostra catapecchia, o avrebbe accettato con mal garbo e credendo di farci un onore, si sarebbe trovata male, e per giunta ci avrebbe sprezzati e criticati, mentre invece possiamo esser contenti d’aver fatto una buona azione e d’aver reso un servizio a persone che lo meritano e ci serberanno un po’ di gratitudine.