Piccoli eroi/Eroismo di Vittorio
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EROISMO DI VITTORIO.
Le bambine stavano ancora sedute lavorando accanto a Maria, la quale aveva un bel da fare a rispondere alle interrogazioni di Angiolina, che non si stancava mai d’imparare cose nuove, quando s’udirono delle voci, poi dei passi e finalmente entrarono nella stanza tre ragazzi che parevano indiavolati e il professore che volea salutare Maria.
I ragazzi si misero a parlare tutti in coro e raccontare dei saltimbanchi che avevano veduto partire, di Polentina che avevano salutata, e poi di un cane, di Vittorio, dei signori Guerini; una confusione di discorsi che assordavano quelle povere ragazze, le quali non riuscivano a capir nulla e si turavano le orecchie.
— Zitti, zitti, — disse il professore Damiati, — ora parlerò io; intanto presento alla signorina Maria un altro piccolo eroe, che potrà figurare con onore nella sua collezione.
— Come! Vittorio? fa per celia? — disse Maria.
— Quella marmottina! — soggiunse Elisa ridendo.
Vittorio sentendo che si parlava di lui, era andato tutto confuso a rincantucciarsi e per far qualche cosa avea preso un libro in mano.
— È proprio così, — soggiunse Damiati, — e Carlo e Mario sono testimoni della sua prodezza. Io però voglio raccontare il fatto come è avvenuto, perchè so che sarà utile a queste bambine, e poi il coraggio di Vittorio merita di essere conosciuto.
Dunque andavamo verso il villaggio dove c’era sempre molto chiasso, sebbene un po’ meno che nei giorni passati.
I venditori ambulanti raccoglievano le mercanzie e le mettevano nelle casse. I saltimbanchi spogliavano le baracche, e caricavano i carri di roba, mentre le scimmie facevano le capriole e Polentina salutava tutti, mangiando dolci, che le venivano regalati da qualche ammiratore.
Noi ragionavamo; e facevamo le nostre osservazioni. Abbiamo anche noi salutato Polentina e regalato un pomo ad una scimmia che ci avea stesa la mano e i ragazzi si divertivano in mezzo a quella confusione, tanto che non avrebbero voluto più ritornare a casa; c’erano anche i Guerini coll’istitutrice, e Mario voleva restare finchè restavano loro; non so veramente per qual ragione, perchè essi non si voltavano mai dalla nostra parte; ma forse per studiare il naso dell’istitutrice inglese. Finalmente quando essi si mossero, anche noi, dietro di loro, ci siamo posti in cammino. Bisogna sapere che io ero con Mario, e davanti camminavano Vittorio e Carlo, i quali si trovavano più vicini alla comitiva dei Guerini.
Tutto ad un tratto, non so precisamente come sia avvenuto, perchè io ero intento a dare delle spiegazioni a Mario, si vede sbucare un cane brutto, brutto, si slancia dietro ai Guerini che non potevano vederlo e nello stesso tempo sento Vittorio gridare:
— Un cane idrofobo, scappate, correte!
Quelli non badano e continuano la loro strada, non sospettando di aver il cane proprio alle calcagna colla bocca aperta, la lingua fuori, tanto che poco mancò che afferrasse la gamba di Alberto. Quand’ecco Vittorio in un lampo prende un sasso e lo scaglia con tutta la sua forza sulla testa del cane, il quale, quantunque mezzo tramortito dal colpo, si volge furente contro Vittorio, mentre i Guerini infuriati non sapendo nulla del cane, gridavano voltandosi verso di noi: — Chi è quel villano che getta sassi?
A questo punto m’accorsi di tutto quello che accadeva e vidi il pericolo di Vittorio, che con un coraggio qual non mi sarei mai aspettato aveva preso un altro sasso per scagliarlo contro al cane inferocito. Non so se sia stato precisamente il sasso di Vittorio o un colpo di bastone ch’io gli assestai sul capo: ma il fatto è, che il cane cadde morto, e noi potemmo pensare al pericolo corso e nello stesso tempo al coraggio e alla rapidità colla quale Vittorio aveva operato.
Ma io non ho potuto trattenermi dal dire in inglese all’istitutrice di casa Guerini additando il nostro eroe: — Potete ringraziare Vittorio Morandi se non siete stati morsicati da un cane idrofobo.
— Come idrofobo? — disse la signorina.
— Sicuro, proprio così, guardate, e le facevo osservare la lingua nera e la bava che usciva dalla bocca del cane steso morto per terra.
I ragazzi tremavano e non potevano parlare per l’emozione.
— Non toccatelo, — dissi, — e andiamo a casa, perchè abbiamo bisogno di rimetterci dallo spavento provato. I Guerini se n’andarono salutandoci appena; eppure forse Vittorio ha salvato loro la vita.
— Ma era proprio idrofobo? — disse Maria tutta commossa pensando al pericolo al quale erano sfuggiti i suoi fratelli.
— Sì, sì, idrofobo! — disse Vittorio. — me ne sono accorto subito, aveva una faccia brutta, la testa bassa, la lingua fuori, la bocca spalancata, la coda strasciconi, era brutto brutto, proprio come mi ha spiegato il professore che sono i cani idrofobi.
— E perchè non sei scappato? — disse Elisa.
— Ho visto che andava verso i Guerini, e mi son fatto coraggio.
— E se ti mordeva? — disse Maria.
— Non m’hai insegnato tu che bisogna fare quello che si deve, senza pensare a ciò che può accadere?
— Meritava proprio che tu esponessi la vita per quegli antipatici Guerini! — disse Elisa.
— L’idrofobia è una cosa così terribile! — soggiunse Maria, tutta pallida all’idea del pericolo cui s’era esposto il fratello; poi lo fece venire vicino, gli prese la testa fra le mani e gli diede un bacio dicendogli:
— Va, sono proprio contenta di te; non avrei immaginato tanto coraggio con un’apparenza così tranquilla.
— E Carlo che cosa faceva, — disse Elisa, — egli che vuol essere un eroe?
— Carlo aveva la testa bassa e non fiatava.
Vi fu un momento di silenzio, nessuno voleva parlare.
— Ma dunque che cosa faceva? — chiese Maria, rivolgendosi a Mario.
— È scappato, — disse Mario, — come ha fatto ora; infatti, mentre tenevano quel discorso, Carlo tutto confuso era sgattaiolato fuori di casa.