Piano regolatore di Roma 1883 - Relazione/Prosecuzione della via del Babuino e Due Macelli

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Prosecuzione della via del Babuino e Due Macelli
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Prosecuzione della via del Babuino e Due Macelli alla via Nazionale, e per la via Milano fino a Panisperna.


Chi dalla via del Babuino e Due Macelli dirigesi alla parte centrale della via Nazionale, al Palazzo dell’Esposizione, agli istituti scientifici di Panisperna, è giocoforza devii dall’andamento naturale, e salga con forti pendenze, e troppo a lungo, o la via del Tritone e delle Quattro Fontane, o la via della Dateria e della Consulta, e disceso all’opposto versante del Quirinale, volga nuovamente verso il luogo, al quale era diretto. Questo giro vizioso e faticoso fra la via del Tritone e la via Milano è lungo da una parte Metri 1000, dall’altra Metri 1200. Ugualmente deve montare per forti e lunghe pendenze chiunque dirigasi alla stazione di Termini e al Quartiere dell’Esquilino. Prolungando però in linea retta la via dei Due Macelli e traforando per 220 metri il colle Quirinale al disotto del giardino reale, si raggiungerà in piano la via Milano, che fu tracciata appunto in direzione rettilinea colla via Due Macelli, che traversa via Nazionale, e che cominciando poi a salire con pendenza di 1,27 per cento arriva a Panisperna sulla piazzetta Cimarra. Il rettifilo di 2000 Metri, che ne risulterebbe dalla piazza del Popolo a Panisperna, sarebbe la più felice soluzione di quante ne sieno state immaginate, per collegare in modo diretto, breve e comodo assai la parte più nobile della vecchia Città colla via Nazionale, e quindi colla [p. 72 modifica]stazione e coi quartieri nuovi dell’Esquilino. La larghezza del traforo potrebbe essere di metri 16 come quella della via Milano: il massimo della spesa può ritenersi di Lire 2000 a Metro andante, compresi anche i due prospetti decorati, lo che darebbe un totale di Lire 440 mila, secondo le notizie avute dall’ufficio Tecnico, e per sicurezza poniamo anche mezzo milione; mentre l’apertura di strada di uguale lunghezza, a traverso un fabbricato anche di poca entità, non potrebbe costare meno di un paio di milioni. Giova notare che la distanza, la quale resterebbe fra il traforo e il Palazzo reale è di metri 84; e che anche ampliando la Reggia con altrettanta larghezza di fabbricato, quanta ne ha attualmente, sempre resterebbe uno spazio libero interposto almeno di Metri 24.

Ne’ si creda poi che opere di questa specie non siano state eseguite in altre grandi città, quando la difficoltà del movimento ne dimostrò il bisogno e la opportunità. Nella capitale dell’Ungheria ve ne ha esempio che calza perfettamente al nostro proposito, e che parecchi fra Voi vedeste sul luogo nei vostri viaggi. Sotto il colle di Buda infatti esiste una via sotterranea lunga circa metri 290 (un terzo più di quella che avrebbe la nostra), e ad essa fa capo in linea retta il noto ponte sul Danubio, che unisce lo due parti della Città Buda e Pest. Quel colle, di forma consimile al nostro Quirinale, e sul quale tra gli altri edifizi sorge pure il Palazzo Imperiale, prima che vi si praticasse il traforo occorreva girarlo per le altre vie che si rannodano alla testata del ponte e all’opposto ingresso del sotterraneo, ovvero salirlo e discenderlo con risentite [p. 73 modifica]pendenze. Ma appena il traforo fu aperto, il movimento dei veicoli e dei pedoni si determinò tutto per la via breve e diretta, benchè sotterranea. L’utilità non sarebbe minore per noi, se potessimo traversare così il colle Quirinale, prolungando la Via Due Macelli fino alla Via dei Giardini, demolendo poche case e una estrema parte del palazzetto Del Drago. La Commissione adunque astenendosi, da considerazioni di convenienza, perchè si tratta di un opera che dovrebbe penetrare nel suolo annesso alla Reggia, riconosce però che il proposto sotterraneo soddisfarebbe pienamente all’economia e alla facilità del transito sempre crescente in quei luoghi, ed oggi cotanto difficile. E quando il progetto potesse avere esecuzione, avrebbe complemento il concetto che razionalmente si era proposto l’autore del piano regolatore; quello cioè di profittare delle tre grandi strade che si diramano dalla piazza del Popolo, per continuarle, e farle servire al collegamento delle parti più popolose e centrali, con le più lontane verso l’opposta periferia della Città.