Pensieri e discorsi/La ginestra/III

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III.


Ma invero c’è qualche cosa di meglio. Tu dicesti, quattr’anni sono: “Io non ho bisogno di stima, nè di gloria, nè d’altre cose simili, ma ho bisogno d’amore!„ E per il tuo cuore basterebbe, credo, anche quello che tu, così vivamente, chiamasti “amor di sogno„, simile a quelle meteore spirituali che scoppiano nel silenzio del sonno, e lasciano, al risveglio, l’anima rinverdita e rinnovata come dal refrigerio d’una tempesta. Al tuo cuore basterebbe [p. 91 modifica]dell’amore il lampo, che da lontano esso, nuvola temporalesca e fecondatrice della nostra vita, manda, quel lampo che è illusione, o quell’ombra che getta pur da lontano, trascorrendo via, quell’ombra che è dolore. Ti basterebbe ripensare, con un risveglio di palpiti, quella cara beltà che ti appariva, quand’eri poco più che fanciullo, ti appariva, ma sempre lontana e nascondendo il viso; ti basterebbe sperare che quando puro spirito movessi per vie inusitate ad ignoto soggiorno, ella ti si facesse incontro, viva, e venisse con te compagna. Ti basterebbe risentire l’affetto acerbo e sconsolato nel ricordare il suono della voce e il rumorio del telaio di Silvia; ti basterebbe riprovare i palpiti della rimembranza acerba, rivedendo la finestra deserta, nei cui vetri si riflettono le stelle, e donde già ti parlava Nerina! O vorresti ritornare alla ancor recente primavera di Firenze, quando tra i novelli fiori ti apparve novo ciel, nova terra? ti apparve l’allettatrice, vestita di viola,

 inchino il fianco
Sovra nitidi pelli e circonfusa
D’arcana voluttà?

E nella tua mente dileguarono tutti gli altri pensieri, e solo quel pensiero d’amore vi stette come una torre, e quel pensiero vi verdeggiò come un’oasi, e quel pensiero vi dominò come un incantesimo meraviglioso che t’inalzava a un’immensità nova! Sogno, sì, anche quel dolce pensiero, ma di natura divina:

 perchè sì viva e forte
Che incontro al ver tenacemente dura,
E spesso al ver s’adegua,
Nè si dilegua pria, che in grembo a morte.

[p. 92 modifica]Solo con quel pensiero la vita poteva vincere in gentilezza la morte... sebbene quanta, per quello, era pur la gentilezza del morire! Ecco la morte prendere la figura della donna apparsa nella prigione a Socrate, e le ali dell’angelo, e il seno del Redentore in cui volontieri si riposa. Tutto ciò che di più grande, di più alto, di più santo, imaginarono, sognarono, soprasentirono gli uomini, tu lo richiamasti al tuo pensiero, per adornarne la sorvolatrice della nostra via, la compagna dell’amore. Oh! tu la desiderasti sempre, la bella morte, sin dal cominciar degli anni, quando contemplavi la fontana con gli occhi pensosi della fine; ma il tuo desiderio si mescolava poi al pianto amaro. Poi no: il desiderio nasceva languido e stanco insieme con l’affetto d’amore, ed era gran parte della soavità di quello. Ma anche cotesta dolciura dell’anima passò: sottentrò la notte senza stelle, invernale. Era un inganno e tu ti accorgesti con ira dell’errore e dello scambio. Aspasia era una figlia della tua mente...

Anche l’amore, vanità!