Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/936
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parole, e in alcune parole, frasi, maniere, intieramente sue proprie e particolari. Questo si vede nelle città di Toscana (tanto che il Varchi vuole perciò che la lingua scritta italiana, non solo non si chiami italiana, ma neppur toscana, bensí fiorentina); si vede nelle altre città di qualunque provincia italiana, e dappertutto. Di piú, in ciascuna città il linguaggio cittadinesco è diverso dal campestre. Di piú, senza uscire dalla città medesima, è noto che nella stessa Firenze si parla piú di un dialetto, secondo la diversità delle contrade: (e di ciò pure il Varchi); cosí che una lingua non arriva ad essere strettamente conforme e comune neppure ad una stessa città, s’ella è piú che tanto estesa e popolata. E cosí credo che avverrà pure in Parigi ec. Vedi p. 1301, fine.
Da questi dati caviamo alcune conseguenze piú alte ed importanti. 1°, Che la diversità de’ linguaggi è naturale e inevitabile fra gli uomini e che la propagazione del genere umano portò con se la moltiplicità delle lingue e la divisione e suddivisione dell’idioma primitivo e finalmente il non potersi intendere, né per conseguenza comunicare scambievolmente piú che tanto numero di uomini. La confusione de’ linguaggi, che dice la Scrittura essere stato un gastigo dato da Dio agli uomini è dunque effettivamente radicata nella natura e inevitabile nella generazione umana e fatta proprietà essenziale delle nazioni ec.
2°, Che il progetto di una lingua universale (seppure per questa s’è mai voluta intendere una lingua propria e nativa e materna e quotidiana di tutte le nazioni) è una chimera, non solo materialmente e relativamente e per le circostanze e le difficoltà che risultano dalle cose quali ora sono,