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[p. 202 modifica] quello de’ greci e de’ latini e degl’italiani, non essendo possibile ch’essi accettino quella prima frase che si presenta naturalmente e da se a chi vuole esprimere un sentimento. E però le grazie naturali sono affatto sbandite dal loro stile, anzi è curioso il vedere quello ch’essi chiamino naturalezza e semplicità, come per esempio in La Fontaine tanto decantato per queste doti. In luogo delle grazie naturali il loro stile è tutto composto delle grazie di società e di conversazione; e quando queste sono conseguite, essi chiamano il loro stile semplice, come fanno sempre anche in astratto quando paragonano lo stil francese all’italiano, per [p. 203 modifica]esempio, o al latino ec., parte avuto riguardo alla collocazione materiale delle parole e alla costruzione del periodo e divisione del discorso ec. paragonata con quella delle altre lingue, parte alla mancanza delle ampollosità, delle gonfiezze, delle figure troppo evidenti, dei giri e rigiri per dire una stessa cosa ec. ec., che si trovano nei cattivi stili delle altre lingue e che nel francese sono affatto straordinari e sarebbero fischiati. E questa chiamano purezza di gusto, ed hanno ragione da un lato; ma dall’altro non conoscono quella semplicità cosí intrinseca come estrinseca dello stile, che non ha niente di comune coll’eleganza, la politezza, la tournure, la raffinatezza, il limato, il ricercato della conversazione, ma sta tutta nella natura, nella pura espressione de’ sentimenti che è presentata dalla cosa stessa, e che riceve novità e grazia piuttosto dalla cosa, se ne ha, che da se medesima e dal lavoro dello scrittore, quella schiettezza di frase le cui grazie sono ingenite e non ascitizie, quel modo di parlare che non viene dall’abitudine della conversazione e che par naturale solamente a chi vi è accostumato, cioè ai francesi e agli altri nutriti sempre di cose francesi, ma dalla natura universale e dalla stessa materia, quello insomma ch’era