esempio, o al latino ec., parte avuto riguardo alla collocazione materiale delle parole e alla costruzione del periodo e divisione del discorso ec. paragonata con quella delle altre lingue, parte alla mancanza delle ampollosità, delle gonfiezze, delle figure troppo evidenti, dei giri e rigiri per dire una stessa cosa ec. ec., che si trovano nei cattivi stili delle altre lingue e che nel francese sono affatto straordinari e sarebbero fischiati. E questa chiamano purezza di gusto, ed hanno ragione da un lato; ma dall’altro non conoscono quella semplicità cosí intrinseca come estrinseca dello stile, che non ha niente di comune coll’eleganza, la politezza, la tournure, la raffinatezza, il limato, il ricercato della conversazione, ma sta tutta nella natura, nella pura espressione de’ sentimenti che è presentata dalla cosa stessa, e che riceve novità e grazia piuttosto dalla cosa, se ne ha, che da se medesima e dal lavoro dello scrittore, quella schiettezza di frase le cui grazie sono ingenite e non ascitizie, quel modo di parlare che non viene dall’abitudine della conversazione e che par naturale solamente a chi vi è accostumato, cioè ai francesi e agli altri nutriti sempre di cose francesi, ma dalla natura universale e dalla stessa materia, quello insomma ch’era (94) proprio dei greci e, con una certa proporzione, de’ latini e degl’italiani, di Senofonte, di Erodoto, de’ trecentisti ec., i quali sono intraducibili nella lingua francese. Cosa strana che una lingua di cui essi sempre vantano la semplicità non abbia mezzi per tradurre autori semplicissimi, e di uno stile il piú naturale, libero, inaffettato, disinvolto, piano, facile che si possa immaginare. E pur la cosa è rigorosamente vera, e basta osservar le traduzioni francesi da classici antichi per veder come stentino a ridurre nel loro stile di società e di conversazione, ch’essi chiamano semplice e ch’è divenuto inseparabile dalla loro lingua anzi si è quasi confuso con lei, quei prototipi di manifesta e incontrastabile semplicità; e come esse