Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/797
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nella cittadinanza della lingua (bisogna pur dirlo) non poche, anzi buona quantità di parole affatto straniere. Si consoli però che tutte le nazioni, quando piú quando meno, hanno avuto il medesimo bisogno, quale in un tempo, quale in un altro; l’ha avuto anche la sua antica lingua, cioè la latina; l’abbiamo avuto noi stessi nei principii della nostra lingua (e se ora ci bisogna ritornare a quella necessità che si prova nei principii, nostra colpa); e non creda di diventar barbara, se saprà far quello ch’io dico con retto e maturo e accurato e posato giudizio. Anzi si dia fretta a introdurre e scegliere queste medesime voci straniere, se non vuole che la lingua imbarbarisca del tutto e senza rimedio. Perché l’unica via di arrestare i progressi della corruttela è questa. Proclamare lo studio profondo e vasto della lingua e nel tempo stesso la libertà che ciascun scrittore, impadronitosi bene della lingua e conosciutone a fondo l’indole e le risorse, usi il suo giudizio nell’introdurre e impiegare e spendere la novità necessaria, anche straniera. Finché uno scrittore qualunque (che non sia da bisavoli)