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[p. 182 modifica] uno di questi affetti; e come nell’allegrezza egli passeggia, muove e allarga le braccia, le gambe, dimena la vita, e in certo modo si dilata col trasportarsi velocemente qua e là, come cercando una certa ampiezza: cosí nella tristezza si rannicchia, piega la testa, serra le braccia incrociate contro il petto, cammina lento, e schiva ogni moto vivace e, per cosí dire, largo. Ed io mi ricordo, e l’osservai in quell’istesso momento, che stando in alcuni pensieri o lieti o indifferenti, mentre sedeva, al sopravvenirmi di un pensier tristo, immediatamente strinsi l’una contro l’altra le ginocchia che erano abbandonate e in distanza, e piegai sul petto il mento ch’era elevato.


*   La semplicità del Petrarca, benché naturalissima come quella dei greci, tuttavia differisce da quella in un modo che si sente ma non si può spiegare. E forse ciò consiste in una maggior famigliarità, e piú vicina alla prosa, di cui il Petrarca veste mirabilmente i suoi versi cosí nobilissimi come sono. I greci poeti forse sono un poco piú eleganti, come Omero che cercava in ogni modo un linguaggio diverso dal familiare, come apparisce da’ suoi continui epiteti ec., quantunque sia rimasto semplicissimo. Forse anche la [p. 183 modifica]lingua italiana, essendo la nostra, fa che noi sentiamo questa familiarità dello stile piú che ne’ greci, ma parmi pure che vi sia una qualche differenza reale.


*   Non v’ha forse cosa tanto conducente al suicidio quanto il disprezzo di se medesimo. Esempio di quel mio amico