<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/687&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712193821</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/687&oldid=-20130712193821
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 687 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 132modifica] il piú degli scrittori, le dette qualità che sono sue vere, proprie, intime e native; e dico anche presso quegli scrittori che a gran fatica arrivano pure a preservarsi dai barbarismi (e qui riferite quello che ho detto altrove, come in detti scrittori facciano pessima comparsa le parole e modi italiani in una tessitura di lingua che, per quanto non sia barbara, non è l’italiana, e gli antichi accidenti in una sostanza tutta moderna e diversa). E cosí anche la lingua nostra si riduce ad essere una processione di collegiali, come diceva, se non erro, il Fénelon, della francese. Del che [p. 133modifica]mi pare che bisogni stare in somma guardia, tanto piú, quanto la inclinazione, lo spirito, l’andamento dei tempi essendo tutto geometrico, la lingua nostra corre presentissimo rischio di geometrizzarsi stabilmente e per sempre, di inaridirsi, di perdere ogni grazia nativa (ancorché conservi le parole e i modi, e scacci i barbarismi), di diventare unica come la francese, laddove ora ella si può chiamare un aggregato di piú lingue, ciascuna adattata al suo soggetto o anche a questo