Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/66
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* Io mi trovava orribilmente annoiato della vita e in grandissimo desiderio di uccidermi, e sentii non so quale indizio di male che mi fece temere in quel momento in cui io desiderava di morire: e immediatamente mi posi in apprensione e ansietà per quel timore. Non ho mai con piú forza sentita la discordanza assoluta degli elementi de’ quali è formata la presente condizione umana, forzata a temere per la sua vita e a procurare in tutti i modi di conservarla, proprio allora che l’è piú grave e che facilmente si risolverebbe a privarsene di sua volontà, ma non per forza d’altre cagioni. E vidi come sia vero ed evidente che (se non vogliamo supporre la natura tanto savia e coerente in tutto il resto, ché l’analogia è uno dei fondamenti della filosofia moderna e anche della stessa nostra cognizione e discorso, affatto pazza e contraddittoria nella sua principale opera) l’uomo non doveva per nessun conto accorgersi della sua assoluta e necessaria infelicità in questa vita, ma solamente delle accidentali, come i fanciulli e le bestie: e l’essersene accorto è contro natura, ripugna ai suoi principii costituenti, comuni anche a tutti gli altri esseri, come dire l’amor della vita, e turba l’ordine delle cose, poiché spinge infatti al suicidio, la cosa piú contro natura che si possa immaginare.
* Se tu hai un nemico mortale nella tal città e vedi che v’è sopra un temporale, ti passa pur per la mente la speranza ch’egli ne possa restare ucciso? Or come dunque ti spaventi se quel temporale viene sopra di te, quando la probabilità ch’egli uccida è tanto piccola che tu non ci sai neppur fondare quella cosa che ha pur bisogno di sí poco fondamento per sorgere in noi, dico la speranza? Lo stesso intendo dire di cento altri pericoli, i quali se in vece fossero probabilità di bene, ci parrebbe ridicolo il pórci per esse in nessuna speranza, e pure ci poniamo per quei pericoli in timore. Tant’è: bisogna bene che, per quanto la speranza sia facile a nascere e insussistente, il timore lo sia di piú. Ma questa riflessione mi pare molto atta a temperarlo. Il timore è dunque piú fecondo d’illusioni che la speranza.
* Di un calcolatore che ad ogni cosa che udiva si metteva a computare, disse un tale: Gli altri fanno le cose, ed egli le conta.
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