Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/616
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e la speranza della felicità, che non possono piú diriggersi alla felicità propria, riconosciuta impossibile e nel cercar la quale sarebbero vane e quindi non piú sufficienti all’animo umano, si rivolgono alla felicità altrui; e ciò spontaneamente, e senz’ombra di eroismo. E l’animo dell’uomo che mancatogli lo scopo della felicità, è moralmente morto, risorge a una languida vita, ma tuttavia risorge e vive in altrui, cioè nello scopo dell’altrui felicità, divenuto lo scopo suo. Come quei corpi di sangue corrotto e malsano, e quindi incapaci di vita, che alcuni medici spogliavano (o proponevano di spogliare) del sangue proprio e restituivano ad una certa salute colla introduzione del sangue altrui o di qualche animale, quasi cangiando la persona, e trasformando quella che non poteva piú vivere, in un’altra capace di vita, e cosí conservando la vita di una persona, per se stessa inetta a vivere.
Ed è anche una cagione del detto effetto quella ch’io son per dire. L’uomo che sebbene disperato, non perciò si odia (cosa che avviene per