Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/57
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* S’è osservato che è proprietà degli antichi poeti ed artisti il lasciar molto alla fantasia ed al cuore del lettore o spettatore. Questo però non si deve prendere per una proprietà isolata, ma per un effetto semplicissimo e naturale e necessario della naturalezza, con cui nel descrivere imitare ec. lasciano le minuzie e l’enumerazione delle parti tanto familiare ai moderni, descrivendo solo il tutto con disinvoltura, e come chi narra non come chi vuole manifestamente dipingere, muovere ec. Nella stessa maniera Ovidio, il cui modo di dipingere è l’enumerare, come i moderni descrittivi sentimentali ec., non lascia quasi niente a fare al lettore; laddove Dante, che con due parole desta un’immagine, lascia molto a fare alla fantasia; ma dico fare, non già faticare, giacché ella spontaneamente concepisce quell’immagine e aggiunge quello che manca ai tratti del poeta, che son tali da richiamar quasi necessariamente l’idea del tutto. E cosí presso gli antichi in ogni genere di imitazione della natura.
* I nostri veri idilli teocritei non sono né le egloghe del Sannazaro, né ec. ec., ma le poesie rusticali come la Nencia, Cecco da Varlungo ec., bellissimi e similissimi a quelli di Teocrito nella bella rozzezza e mirabile verità, se non in quanto sono piú burleschi di quelli, che pur di burlesco hanno molto spesso una tinta.
* Circa le immaginazioni de’ fanciulli comparate alla poesia degli antichi, vedi la verissima osservazione di Werther sul fine della lettera 50. Una terza sorgente degli stessi diletti e delle stesse romanzesche idee sono i sogni.
* Il principio universale dei vizi umani è l’amor proprio, in quanto si rivolge sopra lo stesso essere; delle virtú, lo stesso amore, in quanto si ripiega sopra altrui, sia sopra gli altri uomini, sia sopra la virtú, sia sopra Dio ec.
* Di alcuni principi che si sieno uccisi per evitare qualche grande sventura o per non saperne sopportare qualcuna già sopraggiunta loro, si legge, come di Cleopatra, Mitridate ec. e piú, anzi forse solamente fra gli antichi. Ma di quelli che si sieno uccisi per le altre cagioni che producono ora il suicidio, come la malinconia, l’amore ec., non si legge ch’io sappia in nessuna storia. Eppure lo scontento della vita e la noia e la disperazione dovrebb’essere tanto maggiore in loro